Aree idonee per le rinnovabili in Puglia, altolà da Barbanente: «Il ddl non sfregi il paesaggio»

«Il ddl per l’individuazione delle aree idonee per le rinnovabili va sostanzialmente modificato»: lo ha chiesto ieri in Commissione regionale congiunta Ambiente e Agricoltura la professoressa Angela Barbanente, ex assessora pugliese all’Urbanistica. La docente del Politecnico di Bari ha sottolineato in premessa che bisogna evitare in tutti i modi che la decarbonizzazione e la transizione ecologica si contrappongano a tutela e riqualificazione del paesaggio. Una stroncatura non da poco a difesa di territorio e paesaggio pugliesi come patrimoni in grado di valorizzare la decarbonizzazione e la transizione energetica ed ecologica. Da qui l’appello a riflettere bene su quanto la Puglia ha già realizzato in termini di impianti a energia pulita con una produzione che a oggi è doppia rispetto al fabbisogno energetico.

La proposta

Secondo Barbanente la via maestra sarebbe quella di installare i nuovi impianti (una potenza di 7,4 gigawatt entro il 2030, il doppio di quella attuale) nelle zone produttive, nelle ex cave o negli insediamenti in cui c’è necessità di riconvertire le fonti fossili in fonti energetiche rinnovabili. Ed ancora, più attenzione sul capitolo delle aree idonee visto che vi sono alcune superfici considerate zone produttive solo sulla carta, ma in realtà mai realizzate tanto che oggi sono terreni agricoli spesso a ridosso dell’abitato.

Su tutto la valutazione dei cosiddetti impatti cumulativi, ovvero tener conto degli impianti già esistenti, perché ci sono territori che hanno subito l’impatto della carbonizzazione e corrono il rischio di subire l’impatto della decarbonizzazione. È inspiegabile, per Barbanente, capire perché siano state escluse alcune aree tutelate dal Pptr, ma soprattutto non è chiaro come mai ben dieci contesti paesaggistici siano stati esclusi, come le testimonianze della stratificazione insediativa, le aree di rispetto delle componenti culturali insediative e i paesaggi rurali, tra cui la Valle d’Itria.

Anche il Politecnico di Bari ha condiviso in pieno le perplessità della professoressa Barbanente. In particolare è stata ritenuta fattibile l’idea di potenziare gli impianti rinnovabili già esistenti con l’aggiunta di alcune unità, e quindi potenziamento le attività già presenti. L’Università del Salento, invece, con il professor Marco Milanese, ha sollecitato l’uso dei terreni non utilizzabili diversamente, ad esempio quelli devastati dalla xylella in Salento. Il funzionario tecnico dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale Isabella Trulli, ha chiesto di modificare alcuni articoli sulla base delle norme tecniche di assetto idrogeologico, secondo la quale un suolo che muore farà aumentare le aree a rischio idraulico.

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