«A novembre il lancio della prima settimana della moda in Puglia»

Intorno alle aziende, attivare un sistema di rete e di azioni comuni, è fondamentale. Un concetto imprescindibile per Daniele Del Genio, presidente CNA Puglia. 

Internazionalizzazione è una parola sempre più piena di significato nella programmazione di svariati progetti regionali. In particolare, pensando al settore manifatturiero della nostra regione, che significato assume?
Agricoltura ed enogastronomia, moda. Partiamo da un dato: nel 2022 il fatturato export della Puglia ha superato i 10 miliardi di euro. E siccome nel 2012, 10 anni prima, arrivava ad 8, vuol dire che l’esportazione di beni e servizi “made in Puglia” è cresciuta del 20% circa. Considerati i fattori esterni (guerre , pandemia , rincari energetici ed, oggi una divorante inflazione ) dobbiamo ritenerci soddisfatti. Il fatto è che ne siamo consapevoli tutti, i margini di crescita sono ancora ampi e maggiori di quelli a cui abbiamo assistito. Per questo la Regione, sollecitata dalle organizzazioni come CNA e non solo, intende continuare il supporto organizzativo e finanziario ai processi che agevolano l’internazionalizzazione.

La Puglia del buon cibo. La Puglia tra terra e mare. La Puglia dell’accoglienza. Questo contesto sta attraendo sempre più le firme dell’alta moda per eventi dal grande effetto che per fortuna aprono relazioni. Ma, cosa si può fare perché i riflettori si accendano anche sulle preziose imprese creative del mondo della moda che operano (e resistono) in Puglia?
«Capitolo “Fashion week in Puglia”. Anche qui i numeri ci danno un grande aiuto a leggere la reale tendenza in atto: dall’anno 2000 ad oggi, dunque in 22 anni, il numero di aziende del settore manifatturiero moda pugliese (codici ateco 13, 14 , 15 , il famoso TAC ) si è ridotto a quasi un terzo, da oltre 9200 aziende a meno di 4000. Abbiamo perso tante aziende e tante qualificate maestranze, ma allo stesso tempo ci siamo specializzati, aggiornati e abbiamo alzato il livello qualitativo delle nostre produzioni: meno quantità più qualità. Se ne sono accorte , ad esempio, le firme del lusso francese che producono in Puglia, così come si sono accorti della bellezza dei nostri luoghi anche altre importanti case di Moda che hanno utilizzato come scenografia la varietà architettonica del territorio. Si è dunque generato un humus importante per lo sviluppo delle imprese creative, oltre che manifatturiere, e anche in questo caso CNA con Regione Puglia intende supportare l’evoluzione di questo comparto organizzando una settimana, fuori dal periodo estivo, in cui operatori del settore moda pugliese e operatori economici internazionali, per il tramite di sfilate, incontri di networking , pranzi di lavoro e convegni tematici si potranno incontrare, conoscere e sviluppare progetti insieme».

Lei è testimone di un evento che ha fatto da apripista ad un modo nuovo di intendere la promozione del settore del manifatturiero. Parliamo di “Coaturier”, ci racconta l’esperienza?
«L’impulso di Coaturier nasce nel contesto di una nuova fase di rilancio del settore moda pugliese. Nasce dall’esigenza di supportare nuovi designers, artigiani, micro e piccole imprese ad intercettare la voglia internazionale di prodotti di alta e visibile qualità italiana. Siamo partiti da Martina Franca, riconosciuta capitale del capospalla uomo, dove una testuggine di volenterosi e preparati professionisti ha concretamente creato le condizioni per realizzare la strategia che CNA Puglia e Regione Puglia avevano immaginato. Già nel nome si capisce il tratto internazionalista : la parola “sarto” in francese (couturier) ha assunto un nuovo significato e si è giocato con la parola cappotto in inglese Coat, facendo nascere così Coaturier! In una cornice storica e meravigliosa, quella delle sale nobiliari del palazzo Ducale di Martina Franca, sede del comune, è andata in scena la prima sfilata con quasi 20 aziende che presentavano loro creazioni, e nei giorni successivi gli incontri con buyers, influencers e giornalisti provenienti da diverse parti del mondo USA, Cina, Russia e Inghilterra in primis , ma anche Giappone e paesi del medio Oriente, e con conferenze tematiche sui temi cari della moda stessa. Si è bissato lo scorso anno, creando i presupposti per un progetto più ampio , più ambizioso e più coinvolgente».

Sulla scorta dunque di quanto accaduto a Martina Franca si può lavorare su una proposta a lungo termine (anche nazionale) che coniughi creatività e potenzialità territoriali?
«Si esattamente, Coaturier ha creato le basi perché si “unissero i puntini”.  Intendo dire che facendo un lavoro di coordinamento e aggregazione, sono state messe insieme organizzazioni territoriali di Lecce, Bari, Martina stessa e Conversano con l’intenzione di includere prossimamente Trani e Barletta così come Foggia. In buona sostanza il format sfilata+incontri con operatori economici + conferenza, si replicherà all’interno della prima settimana di novembre prossimo, in ogni città del primo gruppo di iniziativa. Chi verrà dall’estero, oltre a vedere le sfilate e ad incontrare i designers e le aziende, potrà visitare le diverse cittadine, vivere i nostri luoghi anche in un periodo diverso dall’estate. Potrà gustare una cucina diversa da quella ormai nota a molti. Lavoreranno bar, ristoranti e strutture ricettive, oltre ai fornitori necessari all’organizzazione. Un azione dunque di sistema, spesso tanto voluto e richiamato, ma difficilmente realizzato, in controtendenza con l’ondata estiva solita, e che mira fra l’altro anche alla destagionalizzazione».

E, sempre immaginando azioni che abbiano una estensione più lunga nel tempo, che parte possono giocare le nuove generazioni in questo percorso?
«Non c’è futuro immaginabile senza il ricambio generazionale: e l’inverno demografico che sta vivendo in modo particolare l’Italia, ma in realtà tutta l’Europa, lo urla a gran voce. Dalle nuove generazioni dobbiamo pretendere (!!) la custodia e la valorizzazione di tutto il patrimonio, materiale e immateriale, che si è costruito nei decenni scorsi così come si fa per un palazzo storico, un ‘opera d’arte o un sito paesaggistico naturale. Questa “pretesa” va però strutturata: occorre puntare, investire , dedicarsi e prendersi cura della crescita e della formazione dei giovani che hanno interesse in questo settore. L’ITS moda va proprio in questa direzione: nonostante tutte le cose ancora da sistemare si deve far prevalere la logica di creazione di valore e di un vivaio pronto e capace di dire la sua nel settore. Immaginate ad esempio cosa accadrebbe se le grandi squadre di calcio non avessero un vivaio di giovani e giovanissimi ragazzi avviati alla carriera calcistica. Non bastano i talenti geniali (uno su mille), occorre tenacia determinazione, umiltà e spirito di adattamento, in questo come in tutti i settori lavorativi. Aggiungo inoltre che ormai la generazione di chi ha creato il famoso “Made in Italy” è ormai agli sgoccioli. Entro 10 anni sarà completamente uscita dalla parte attiva del lavoro».

 Come si lavora per mettere in pratica questo passaggio?
«Il trasferimento della conoscenza è molto più complesso del trasferimento tecnologico o dell’elaborazione di dati. Serve molto tempo per poter sperimentare, sbagliare, ricominciare, imparare e sbagliare ancora. Tempo, denaro e pazienza. L’ITS della Moda ha proprio questo obiettivo: creare le condizioni per far crescere nuove professionalità. Oltre alla formazione in aula , occorre fare esperienza concreta , in azienda.

Infine, se dovesse lanciare un messaggio alle imprese del manifatturiero che operano in Puglia, cosa direbbe? E, soprattutto, che invito farebbe loro?
«La crescita che ogni azienda desidera, lo sviluppo che ogni artigiano, ogni imprenditore, ogni manager, vuole per la propria attività richiede una preparazione ed una pianificazione che oggi sono più complessi ed articolati di 15 o 20 anni fa. Serve tanta conoscenza, tanta competenza in ambiti diversi . O si hanno le forze e le capacità interne per affrontare queste sfide oppure è necessario aggregarsi e trovare obiettivi comuni. Dunque il messaggio semplice e molto chiaro è di predisporre il proprio animo a rimuovere gli ostacoli nel percorso di aggregazione, ad aprirsi agli altri senza paura di rinunciare a se stessi. Serve coraggio più che intelligenza, serve fiducia più che competenza».

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