Marino: «Con l’elettrico rischio impatto drammatico sul mondo del lavoro»

«La progressiva sostituzione delle vetture termiche avrà un impatto drammatico sulla forza lavoro di tutta la filiera. Inoltre, la democratizzazione delle vetture elettriche potrà avvenire solamente al verificarsi di alcune condizioni che rendano paragonabili le vetture elettriche a quelle termiche: prezzo di acquisto, autonomia di percorrenza, tempi e infrastrutture di ricarica». Lo spiega Francesco Marino, del gruppo Marino, leader nel settore della vendita di automobili e realtà consolidata nel panorama nazionale dal 1953, anno in cui la famiglia Marino inaugura la sua prima concessionaria automobilistica.

Quali sono le scadenze per la transizione a favore dell’elettrico?

«L’accordo europeo bandisce la vendita di vetture e veicoli commerciali leggeri endotermici al 2035. Una scadenza che alimenta molte perplessità, nonostante l’apertura a verificare, nel 2026, gli sviluppi tecnologici ai fini del raggiungimento degli obiettivi di azzeramento delle emissioni di Co2».

La grande diffusione dell’elettrico quali effetti sta generando sulla forza lavoro?

«Premesso che nel 2022, nonostante gli ecoincentivi, le vetture elettriche “pure” rappresentano solamente il 3% del totale immatricolato, con un calo del 27% in termini di volumi rispetto al 2021, la progressiva sostituzione delle vetture termiche avrà un impatto drammatico sulla forza lavoro di tutta la filiera per diverse ragioni. Verranno vendute meno auto a causa dei costi inaccessibili alla fascia di clienti basso spendente; infatti, il transaction price di una vettura elettrica è superiore del 30% circa all’omologa con motore termico, in quanto i costi produttivi sono estremamente più elevati. Inoltre, una vettura elettrica necessita di minore manutenzione, poiché priva di un motore. Gli unici interventi manutentivi saranno la sostituzione degli pneumatici, dei freni, delle spazzole tergicristallo e dei liquidi, oltre ad interventi di carrozzeria. Infine, il contenuto tecnologico delle vetture costituirà una selezione naturale impietosa, attraverso la quale le officine indipendenti e anche quelle autorizzate, non potranno adeguarsi a causa di un rapporto costi – volumi insostenibile».

Come cambia la produzione?

«Testimonieremo un efficientamento delle gamme proposte, attraverso una riduzione delle car line, a partire dai segmenti piccoli. Ci saranno spostamenti geopolitici a favore dei cinesi, da cui dipenderemo per l’approvvigionamento di litio (elemento indispensabile per la produzione di batterie), in quanto monopolisti di questa risorsa. Sempre dai cinesi dovremo difenderci perché numerosi produttori sono pronti a sbarcare in Europa con le loro gamme di vetture elettriche che eroderanno quote di mercato ai produttori “tradizionali”, con cui hanno siglato joint venture – vedi Renault con Geely – per scambi apparentemente equi, ma molto rischiosi: accesso al mercato automobilistico più grande del mondo, a fronte di know how costruttivo sui motori termici e designers coerenti con i gusti del mercato europeo. Ma questa è un’altra storia».

Quali strategie si possono perseguire per sostenere la transizione e allo stesso tempo non impattare troppo pesantemente sull’occupazione?

«Lo scenario macroeconomico è contraddistinto dalla persistente carenza di componenti e materie prime, inflazione record, difficoltà logistiche e riduzione progressiva del potere di acquisto in termini reali. L’instabilità in cui versa il settore automotive è certamente molto evidente, ma è ineludibile che i principi socioeconomici di riferimento stanno subendo uno stravolgimento sostanziale che non risparmia alcun settore. Basti pensare alle banche senza operatori di sportello, ai supermercati Amazon senza commessi, e ai negozi di prossimità in via di estinzione. Conseguentemente temo che non vi siano iniziative di rilievo per limitare l’impatto sull’occupazione di questa transizione energetica. Di contro, sarebbe opportuno che il Governo continui l’azione di supporto al rinnovo del parco circolante obsoleto attraverso gli incentivi, lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica elettrica, la semplificazione dei processi di ricarica, ma soprattutto avvii un confronto concreto sulla reale possibilità di aumentare la percentuale di detraibilità dell’Iva e deducibilità dei costi delle auto aziendali a beneficio anche dei clienti privati del mercato dell’usato, che avrebbero l’opportunità di godere di veicoli green relativamente giovani a costi decisamente bassi».

Il gruppo Marino come si è inserito nel mercato dell’elettrico?

«La democratizzazione delle vetture elettriche potrà avvenire solamente al verificarsi di alcune condizioni che rendano paragonabili le vetture elettriche a quelle termiche: prezzo di acquisto, autonomia di percorrenza, tempi e infrastrutture di ricarica. Su queste premesse, la nostra strategia si fonda su quattro leve esogene ed endogene al Gruppo: una gamma completa che possa soddisfare le esigenze di tutti gli automobilisti. Circostanza evidentemente ad appannaggio dei costruttori che rappresentiamo; prodotti finanziari indispensabili per agevolare l’acquisto di una vettura più costosa (il 99% delle vendite vengono perfezionate tramite finanziamenti); formazione approfondita e costante a tutto lo staff di vendita, al fine di accompagnare il cliente nella scelta della tecnologia più appropriata all’utilizzo atteso della vettura; prova su strada prolungata delle vetture elettriche ai potenziali clienti, così da utilizzare la vettura nella quotidianità».

Al boom dell’elettrico deve seguire un adeguamento delle infrastrutture?

«Partendo dal presupposto che una transizione ecologica e sociale sostiene la competitività del Paese, lo sviluppo di una mobilità sostenibile è legata a fattori di grande attualità in questo periodo storico a causa del contingentamento delle forniture russe. È limitativo sostenere la transizione motoristica a favore di vetture elettriche a bassa emissione, senza intervenire pesantemente sulla capacità di produrre elettricità a basso impatto ambientali. Tuttavia, rimanendo in perimento automotive, occorre un piano di sviluppo per una rete infrastrutturale con punti di ricarica diffusi e tempi di ricarica brevi. Ma questo percorso non è perseguibile in assenza di una reale determinazione del Governo di supportare coerentemente l’evoluzione».

Il mese scorso eravate presenti alla Fiera del Levante, quali risultati avete ottenuto?

«La Campionaria è sempre un momento di grande fermento per la città. Complice i numerosi visitatori che ogni anno si riversano per partecipare alla fiera più imperante del mezzogiorno. Quest’anno abbiamo partecipato con oltre 8mila metri quadrati, 350 auto esposte e uno stock complessivo di 750 auto usate, in coerenza con la nostra ambizione di diventare la concessionaria di riferimento per l’usato di tutta la Regione. I contratti sottoscritti sono stati il doppio del 2020 e tre volte quelli del 2019. Per la prossima edizione intendiamo crescere ulteriormente».

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