Valeria Montaruli, giudice minorile per vocazione. In “Imma Tataranni” c’è il suo sguardo

Valeria Montaruli già in adolescenza non aveva dubbi; voleva studiare magistratura come i suoi due zii. Affascinata dai diritti della persona si è da subito appassionata alle materie giuridiche in fatto di famiglia e minori. Occhi chiari, sguardo dolce e insieme intuitivo, carattere volitivo; Valeria è così fin dai tempi dell’Università, a Bari, quando studiava Legge. Oggi è una magistrata completa con un curriculum decisamente rilevante. Doveroso evidenziare il suo percorso: giudice penale per nove anni, si è occupata di processi di criminalità organizzata e omicidi. E ancora, giudice civile anche nel settore famiglia. Poi è stata giudice del tribunale dei minori di Bari e ha ottenuto un incarico all’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia. Tra le altre cose si è interessata delle riforme in materia di famiglia e minori e dal 2017 è presidente del tribunale per i minorenni di Potenza. E’ vicepresidente dell’AIMMF, l’associazione magistrati per i minori e la famiglia. E, non solo, è consulente speciale per la sceneggiatura e la produzione televisiva Rai, “Imma Tataranni”.

Di fronte ad una tale esperienza nel settore urge una domanda: l’istituzione della famiglia regge ancora?

«Non esiste più un modello unitario. Prima c’erano le famiglie allargate, poi con la rivoluzione industriale è arrivato il modello “nucleare” ma questo si è decisamente disgregato. Oggi è in crisi ed è stato sostituito da un modello “plurale”»

Vale a dire?

«Le relazioni di coppia non durano quasi più tutta la vita e la giurisprudenza ha recepito molto bene questo cambiamento. Esiste la famiglia degli affetti».

Le ho rivolto questa domanda per capire se e quanto i figli subiscano questa ‘rivoluzione’ del nucleo familiare.

«I minori stanno con quello che c’è. Siamo noi che inculchiamo in loro delle sovrastrutture. La sofferenza subentra non in relazione al cambiamento ma al modo in cui esso viene recepito. Le crisi accadono quando i bambini subiscono dei traumi, quando cioè avvertono il “non esistere”, quel sentimento cioè di abbandono. John Bowlby, uno dei più grandi psicanalisti del ventesimo secolo, parlava proprio di questo e di quanto fosse decisivo quel legame chiamato “attaccamento”. I drammi nascono dalla mancanza d’amore e mi riferisco anche alle dinamiche familiari dove avvengono separazioni dolorose e i figli sono coinvolti».

Lei ogni giorno si confronta con storie terribili, di gravi abusi, disturbi di personalità, di depressione e abuso di sostanze stupefacenti, atti delinquenziali di ogni ordine e grado. Insomma, un’infanzia e adolescenza negate. Quali emergenze la pandemia ha alterato o modificato?

«Le rispondo con dati alla mano: rispetto all’anno scorso c’è un raddoppio dei carichi; la violenza domestica è aumentata di gran lunga con una conseguente escalation dei disagi dei minori»

Si riferisce anche all’aumento del fenomeno delle baby gang?

«Questo è un problema che si riscontra maggiormente a Bari. Qui in Basilicata ci sono emergenze come disagi psichici e mi riferisco all’autolesionismo, soprattutto nelle ragazze, e problemi per l’abuso degli strumenti telematici. Durante il lockdown i giovanissimi si sono rifugiati nelle relazioni virtuali con una conseguente alienazione dal mondo reale e una caduta negli stati depressivi. Altro problema è l’utilizzo di sostanze stupefacenti come l’hashish; in questo caso si fa il processo penale che in ambito minorile favorisce il recupero del giovane proprio per una rapida fuoriuscita dal circuito penale».

C’è quindi un gran lavoro dietro ogni singola situazione?

«Si e ogni questione viene valutata attraverso un’istruttoria completa e ci avvaliamo degli operatori dei servizi sociali, ricorriamo a consulenze tecniche di riferimento».

Intuisco quindi che le figure di supporto siano molto importanti.

«Certo, fondamentali poi sono quelle dei giudici onorari e mi riferisco ai sociologi, psicologi, psichiatri, esperti in pedagogia e così via. Noi magistrati minorili siamo molto preoccupati per l’entrata in vigore della riforma Cartabia. Si prevede infatti una attribuzione quasi esclusiva al giudice monocratico a discapito delle figure dei magistrati onorari. Abbiamo ad oggi anche poco personale e non siamo informatizzati. Come uffici giudiziari siamo stati del tutto esclusi dai fondi del PNRR. Non si possono attuare le riforme a costo zero perché tutto questo ricadrà sulle esigenze giovanili».

Riesce mai a distrarsi dal suo lavoro?

«Lo faccio con le mie letture. Mi piacciono i romanzi sull’infanzia, sulla psicologia e i classici francesi»

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