Il resort di Mar-a-Lago si è trasformato nell’ombelico del mondo diplomatico. Donald Trump ha lanciato quella che definisce la «fase finale» dei colloqui per porre fine alla guerra in Ucraina, muovendosi su un doppio binario: una telefonata di 75 minuti con Vladimir Putin e, subito dopo, il settimo incontro dell’anno con Volodymyr Zelenskyj. Il messaggio del presidente è perentorio: «O la guerra finirà ora o andrà avanti per molto tempo».
Il «ponte» con Mosca
Trump ha descritto Putin come «molto serio» riguardo alla pace dopo una conversazione definita «costruttiva». Tuttavia, il Cremlino non arretra sulle condizioni politiche: per Yuri Ushakov, consigliere dello Zar, Kiev deve assumersi la responsabilità di una «decisione coraggiosa» sul Donbass, ribadendo la richiesta di un ritiro ucraino completo dalle regioni occupate. Dall’altro lato, l’incontro con Zelenskyj ha segnato un cambio di passo nei toni. Nonostante le tensioni passate, Trump ha lodato il coraggio del leader ucraino e del suo popolo. Zelenskyj, da parte sua, ha confermato che il «90% del piano di pace in 20 punti» è ormai definito. Lo scoglio resta l’ultimo 10%: la sovranità territoriale, il controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhia e, soprattutto, le garanzie di sicurezza.
Garanzie europee
Uno dei punti di svolta riguarda il ruolo del Vecchio Continente. Trump ha rassicurato Kiev: «Ci sarà un accordo di sicurezza solido e le nazioni europee saranno coinvolte». È una mossa strategica che punta a blindare la tregua delegando parte dell’onere difensivo agli alleati storici, già consultati da Zelenskyj prima del volo in Florida. Per sbloccare lo stallo, sul tavolo ci sono proposte innovative e dolorose: la «Zona economica libera», un’area a statuto speciale nei territori contesi per favorire la distensione; il referendum sulla pace (Zelenskyj non esclude più consultazioni popolari sul piano: un’apertura che di fatto apre la porta a possibili concessioni territoriali per fermare il conflitto); le elezioni (Kiev si dice disposta a tornare alle urne, a patto che la sicurezza sia garantita da accordi internazionali certi).
L’ostacolo economico
Mentre Mosca scavalca l’Europa definendola «un ostacolo alla pace» (secondo Lavrov), l’economia russa preme per una distensione che alleggerisca il peso delle sanzioni. Trump punta sugli accordi economici come collante del puzzle, affidando i dossier a Steve Witkoff e Jared Kushner. Resta però il forte scetticismo delle aziende americane: il potenziale russo è offuscato da un’economia di guerra e dall’incertezza sul reale interesse del Cremlino a fermare i raid.
La palla passa ora a Putin
Le aperture di Zelenskyj hanno l’obiettivo di isolare le posizioni massimaliste di Mosca e mettere alla prova la «serietà» dichiarata dallo Zar di fronte alla determinazione di Trump.