Trattamento di fine mandato per i Consiglieri regionali pugliesi: dopo Schlein arriva anche il “no” di Conte

Spunta un’altra “scomunica” sul trattamento di fine mandato (Tfm), la “liquidazione” a consiglieri e assessori pugliesi in procinto di essere riesumata con effetto retroattivo. Dopo il diktat della segretaria dem Elly Schlein, ora è la volta del presidente dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, atteso nel fine settimana a Foggia per la campagna elettorale delle comunali. Una visita anticipata da un monito chiaro e diretto rivolto al gruppo regionale grillino: «Non vi azzardate a dire sì alla legge sul Tfm o a facilitare l’inserimento del punto all’ordine del giorno». Una raccomandazione precisa per mettere al riparo da polemiche e polveroni mediatici la candidata sindaca dei Cinque Stelle, Maria Aida Episcopo, data in vantaggio nei sondaggi.

Nelle scorse settimane nello stesso senso si era espressa Schlein con una richiesta esplicita fatta pervenire ai partiti di maggioranza e al governatore Michele Emiliano: sospendere il dossier del Tfm e rinviare l’approvazione a dopo le europee di giugno 2024, così da scongiurare contraccolpi sul voto. Il Tfm, infatti, è percepito come un privilegio della casta: un assegno da 35mila euro l’anno per ogni legislatura effettuata più l’estensione retroattiva del beneficio che costituirebbe un regalo per 143 fra consiglieri ed assessori regionali in carica dal 2013 in poi, il tutto per un costo di circa quattro milioni.

I diktat dei leader nazionali, però, dividono i partiti regionali. C’è chi rifiuta in toto l’intrusione e chi minaccia di non adeguarsi, ma c’è anche chi promette di mettersi di traverso. Nel Pd, in particolare, l’ala contraria fa capo alla segretaria Schlein ed è formata dai consiglieri Mazzarano, Parchitelli, Lopalco e Ciliento, la presidente Capone insieme con gli stessi grillini che inizialmente avevano appoggiato la legge sul Tfm (salvo poi ritirare la firma). Nel frattempo altri consiglieri Pd sono al lavoro per alleggerire il testo sulla buonuscita. In particolare, da un lato si studia l’ipotesi della rinuncia entro un mese dall’approvazione della legge, dando quindi la facoltà di accettare o meno il beneficio; dall’altro lato si punta a evitare un’ulteriore spesa prelevando i fondi per il Tfm dai costi della politica esistenti, ovvero dal finanziamento annuale ai gruppi regionali per pagare gli stipendi di portaborse e collaboratori.

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