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Terzo mandato, la norma rischia di spaccare gli schieramenti: gli sherpa al lavoro per trovare l’intesa

C’è tempo fino a giovedì prossimo, quando in Commissione Affari costituzionali al Senato bisognerà votare sugli emendamenti (presentati dai leghisti Paolo Tosato, vicepresidente della stessa Commissione, dalla vicecapogruppo Mara Bizzotto e dall’ex ministra Erika Stefani) per capire se la battaglia ingaggiata dagli esponenti del Carroccio sul terzo mandato ai sindaci delle grandi città e ai…

C’è tempo fino a giovedì prossimo, quando in Commissione Affari costituzionali al Senato bisognerà votare sugli emendamenti (presentati dai leghisti Paolo Tosato, vicepresidente della stessa Commissione, dalla vicecapogruppo Mara Bizzotto e dall’ex ministra Erika Stefani) per capire se la battaglia ingaggiata dagli esponenti del Carroccio sul terzo mandato ai sindaci delle grandi città e ai governatori delle Regioni diventerà legge e quindi sarà possibile per gli attuali occupanti ricandidarsi. Fino ad allora gli sherpa dei salviniani e soprattutto di Fratelli d’Italia, partito decisamente contrario alla “concessione”, saranno al lavoro per scongiurare una conta che potrebbe avere effetti imprevedibili.

Nella giornata di ieri, complice la manifestazione promossa dal presidente campano Vincenzo De Luca a Roma per contestare il disegno di legge sull’autonomia differenziata, non pochi esponenti politici si sono espressi sulla possibilità di prolungare i mandati amministrativi. Tra questi il governatore leghista del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che, nel ruolo di pontiere, spiega come non debbano esserci «divisioni in maggioranza sulla questione», anche se poi aggiunge che «non è comprensibile che chi ha un mandato diretto dai cittadini non possa essere ricandidato, mentre chi non ce l’ha (il riferimento, evidentemente, è ai parlamentari) non ha limiti». Lo stesso presidente della prima Commissione, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia, nelle cui mani è il destino degli emendamenti, auspica che non vi sia la necessità di una dichiarazione di inammissibilità: «Devo fare una verifica con gli uffici, ma è inutile nascondersi dietro un dito, il tema è politico», rimandando la questione ai leader. Tra questi, l’unico a essersi espresso in modo diretto è il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha ribadito il suo «no per la tutela dell’alternanza e della democrazia».

La questione divide anche le opposizioni e i distinguo sono presenti persino negli stessi partiti. Tra i dem, Lorenzo Guerini sostiene la posizione dei sindaci del Pd favorevoli al terzo mandato: gli stessi che avevano alzato gli scudi contro il no del capogruppo al Senato, Francesco Boccia. Così come favorevole è Azione di Carlo Calenda e contraria Italia Viva di Matteo Renzi, mentre proprio ieri Beppe Grillo è tornato a ribadire la necessità della norma interna ai pentastellati dei due mandati, un modo per ricordare come «la politica non diventi professione», infilando una spina nel fianco dei leghisti nonostante i rapporti sempre cordiali, in memoria del governo gialloverde, tra Matteo Salvini e Giuseppe Conte.

Lo stesso Salvini che dovrà affrontare la questione probabilmente mercoledì quando insieme a Tajani e Giorgia Meloni chiuderà la campagna elettorale per le regionali in Sardegna. Anche perché al tema terzo mandato sono ormai legati i fronti aperti nel centrodestra: autonomia differenziata, premierato e soprattutto il rinnovo delle altre Regioni sulle cui candidature c’è ancora incertezza, a partire dalla Basilicata di Vito Bardi.

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