Colpo di scena, si fermano a 16 le firme nello studio notarile Monti per mandare a casa Rinaldo Melucci e la sua giunta. Uniche dimissioni mancanti quelle di Luigi Abbate della civica Taranto senza Ilva.
Scomparso ai radar per l’intera giornata di ieri, è riapparso in serata con un comunicato stampa in cui ha dato un chiaro significato politico al suo gesto: «non sono il pupazzo di Michele Emiliano».
Il sindaco Melucci, per ora dunque, rimane sulla poltrona a Palazzo di Città. «Sono un uomo libero», scrive Abbate. Ho espresso e continuo a esprimere dure critiche all’amministrazione Melucci. Con il consigliere Massimo Battista sono stato il promotore della mozione di sfiducia al sindaco ma non posso unire la mia firma all’ipocrisia politica di chi crede di fare il furbetto, tra questi Michele Emiliano, Piero Bitetti e Stefania Fornaro che, a mio parere, hanno giocato d’astuzia dopo aver contribuito a far mancare il numero legale lo scorso 3 febbraio per il voto della mozione di sfiducia e all’improvviso passano all’opposizione».
Abbate ne ha anche per il Pd: «dopo aver amministrato con il sindaco per quasi sette anni parla di fallimento dell’amministrazione e a Michele Emiliano dico che non è il padrone di Taranto, non può fare politicamente il bello e cattivo tempo». Quanto alle dimissioni dal notaio per far cadere il Consiglio comunale (sono necessarie 17 firme) Abbate spiega che «il sindaco si sfiducia in aula non dal notaio. Avevo deciso di firmare ma poi ho capito che avrei portato sulla coscienza il rimorso e il peso di aver calpestato la mia libertà».
Vincenzo Di Gregorio del Pd racconta il colpo di scena. «Siamo rimasti sorpresi. Non ci aspettavamo che Abbate all’ultimo momento non avrebbe firmato. Ne prendiamo atto anche se non comprendiamo perché una persona che grida contro il sindaco da tempo poi al momento opportuno si tira indietro. Ritengo sia una persona inaffidabile dal punto di vista politico». Stefania Fornaro, Con, chiamata in causa dallo stesso Abbate risponde «non sono il pupazzo di nessuno, altrimenti mi sarei presentata in aula per votare la mozione di sfiducia. Invece ho calibrato la mia decisione. Abbate ha sbagliato ad avermi definita la stampella di Melucci. Mi fermo qui, non voglio commentare oltre perché la sua decisione si commenta da sola».
Subito dopo la “diserzione” inattesa di Abbate, è scattata la caccia al diciassettesimo uomo (o donna). Se un altro consigliere comunale entro la giornata di oggi si unisse alle 16 firme già depositate, si sarebbe ancora in tempo per consegnare le firme al segretario comunale. Occorre consegnare 17 dimissioni che devono essere protocollate in Comune entro oggi. Il termine ultimo per inviare al ministero dell’Interno i documenti con le dimissioni e avere così la possibilità di andare a giugno è il 24 febbraio. Senza la diciassettesima firma, comunque cambierà l’assetto in aula perché i sedici andrebbero a sedersi nei banchi dell’opposizione, compreso Piero Bitetti che verrebbe probabilmente sfiduciato perdendo la carica di presidente del consiglio. A Melucci resterebbe una maggioranza risicata o addirittura inesistente. Il primo grande scoglio da superare è l’approvazione del bilancio consuntivo, che verrà discusso ad aprile.