Spese e consulenze dei gruppi consiliari in Puglia: stangata su Pd, Fratelli d’Italia, M5s e Misto

La Corte dei Conti torna a bacchettare i gruppi regionali per la gestione degli stipendi dei portaborse. Una telenovela infinita con i giudici contabili che ogni anno inviano una sfilza di contestazioni relative all’affidamento degli incarichi, la classificazione delle spese nei bilanci e l’ammontare dei compensi dei collaboratori dei politici.

Un esercito variegato con voci fantasiose di ingaggio e figure bizzarre come quella degli archivisti dei gruppi, un controsenso nell’era degli archivi digitali e dei pc, o quella di non meglio specificati incarichi, un vero e proprio copia e incolla, per attività amministrative e giuridiche del gruppo.

Il problema principale resta sempre quello: le consulenze esterne inserite nei rendiconti dei partiti fra le spese del personale (budget assegnato di 53mila euro l’anno per consigliere) anziché in quelle di funzionamento che prevedono un massimo di 5mila euro l’anno per ogni eletto. E così anche nei rendiconti di spesa del 2022 la Corte dei Conti ha ravvisato irregolarità, errori di imputazione delle somme, voci strampalate da chiarire o restituire in quanto illegittime.

Al momento il gruppo che ha subito la stangata maggiore è il Partito democratico a cui sono stati contestati una serie di contratti di collaborazione con la richiesta di restituzione di 31.300 euro su un totale annuale di 854mila euro. In particolare il Pd è stato condannato a restituire la somma per due stipendi maggiorati rispetto al contratto originario. Il primo gonfiato di 1.500 euro in più sulla retribuzione di partenza, il secondo per circa 30mila euro in surplus. Sotto la lente dei controlli è finita anche Fratelli d’Italia, partito di opposizione, che dovrà dare indietro 3.703 euro. Il gruppo Misto circa 1.600 euro, i Cinque Stelle circa 1.800 euro.

Si attendono ora le determinazioni relative ad altri cinque gruppi regionali con la verifica su una serie di voci anomale evidenziate in sede di controllo. Uscite improprie o non giustificate, come per esempio una corona di fiori per un defunto, note spesa per ristoranti e alberghi, ma anche scontrini per acquisti non consentiti con fondi pubblici vincolati al personale addetto alla politica. Una storia che si ripete, insomma, con i giudici contabili sempre più zelanti nel cerchiare in rosso errori, omissioni e costi non previsti. Il tutto dopo che la stessa Corte dei Conti cambiò orientamento in corsa classificando le collaborazione dei dipendenti dei gruppi in base alle spese per il personale e alle spese di funzionamento.

Due anni fa i rilievi portarono ad una sentenza di condanna per sette partiti che dovettero restituire circa 264mila euro. Somme sinora non rimborsate finite nell’orbita di una legge di sanatoria approvata dal consiglio regionale, ma in parte smontata dai magistrati contabili.

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