Passa con una maggioranza schiacciante l’emendamento salva-legislatura in Consiglio regionale durante la maratona di bilancio. Un voto dall’esito clamoroso che spiana la strada alla modifica presentata dal consigliere d’opposizione della Lega, Sergio De Blasi, aprendo di fatto il caos nel centrosinistra pugliese in vista del 2025: 37 a 9 il verdetto del pallottoliere con la richiesta di voto segreto delle opposizioni che di fatto prolungherà di sei mesi la durata del mandato regionale in caso di dimissioni del governatore in carica.
In concreto una mossa anti-Decaro, il candidato in pectore del centrosinistra designato dallo stesso Emiliano, ma che per effetto dell’emendamento sarà costretto a restare “a bagnomaria” per circa un anno dopo la fine del mandato al Comune di Bari nel 2024.
Un cambio di programma che farà saltare l’election day su cui Decaro contava per serrare le fila e concentrare gli sforzi con lo svolgimento del turno unico di regionali ed europee. Emiliano, di contro, avrà la possibilità di candidarsi comodamente a Bruxelles nel 2024 senza necessità di interrompere il mandato regionale decidendo nei sei mesi successivi il da farsi nel 2025 a scadenza naturale.
Un duello fratricida, insomma, che fa gongolare il centrodestra. Non a caso i gruppi di opposizione hanno assistito silenziosi al dibattito in aula fra “decariani” ed “emilianisti” che ha preceduto l’approvazione dell’emendamento. A partire dall’intervento del presidente di commissione Francesco Paulicelli, fedelissimo del sindaco di Bari, intervenuto in aula chiedere l’anticipazione del punto inserito nelle modifiche al bilancio tanto da spingersi a sottoscrivere la modifica pur di discutere e votare l’emendamento. Particolare, questo, deriso dalla presidente del Consiglio Capone: «Come lei è contrario, ma firma l’emendamento di De Blasi?».
La firma, ha chiarito Paulicelli, era propedeutica ad affrontare la discussione. Poi s’è scagliato contro la norma elettorale infilata di soppiatto: «Un espediente incoerente con i temi del bilancio – ha spiegato Paulicelli – che serve solo a salvare i destini personali dei consiglieri in carica, un salva casta ben lontano dai bisogni dei cittadini che finirà per alimentare l’antipolitica». Sulla stessa linea il consigliere Pd Donato Metallo: «L’iniziativa serve solo a garantire 97mila euro di stipendio a ognuno di noi, sarebbe una frattura del senso di responsabilità. Faccio appello all’aula in quanto la politica non è fantacalcio, mi auguro di non assistere ad un suicidio auto assistito della democrazia». In chiusura l’annuncio choc: «Se l’emendamento sarà approvato non voteremo il bilancio».
Ben più caustico il presidente di commissione Fabiano Amati (Azione): «Siamo di fronte a politicume – ha detto Amati – Non s’è mai vista un’opposizione che propone di allungare il mandato del governo in carica. Di solito se chiedi alla minoranza quando vuoi votare ti risponderà: ieri! E invece qui presta il fianco ad “agenti di commercio” piombati nei mesi scorsi in consiglio per trovare qualcuno disposto a firmare l’emendamento ben congegnato tecnicamente, così come evidenziano indizi certi, gravi e concordanti». Un chiaro riferimento, questo, al governatore Emiliano, assente in quel momento dall’aula, e ai suoi strettissimi collaboratori. Un’assenza duramente attaccata dallo stesso Amati: «Ci aspettiamo da lui chiarezza, deve dirci quali sono le sue intenzioni». Poi la stroncatura dell’emendamento De Blasi, contrario alla Costituzione che fissa dei tempi certi per indire le elezioni nelle regioni in cui vige il sistema presidenziale con differenze evidenti con la modifica introdotta dalla stessa Regione Veneto e non osservata dalla governo centrale e dalla Corte Costituzionale. Argomenti che hanno surriscaldato il clima, ma che alla fine non hanno smosso i 37 favorevoli fra maggioranza ed opposizione alla legge salva-legislatura. I nove contrari, invece, rappresentano la forza attuale di Decaro. Nonostante il voto segreto è possibile calcolare i tre consiglieri di Azione Amati, Mennea e Clemente, Paulicelli e Metallo e, probabilmente, i quattro consiglieri Cinque Stelle contrari alla norma elettorale.