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Scuole, l’allarme di Svimez: «Il Pnrr non ridurrà i divari». Alla Puglia meno risorse che alle altre regioni

Il Pnrr potrebbe non riuscire colmare il divario tra le diverse aree del Paese per quanto riguarda asili nido e scuole. Anzi, secondo Svimez, c’è il concreto e paradossale rischio che il Piano alimenti le disuguaglianze, soprattutto tra le regioni del Mezzogiorno. L’ultimo dossier dell’associazione delinea uno scenario poco rassicurante soprattutto per Puglia, Sicilia e…

Il Pnrr potrebbe non riuscire colmare il divario tra le diverse aree del Paese per quanto riguarda asili nido e scuole. Anzi, secondo Svimez, c’è il concreto e paradossale rischio che il Piano alimenti le disuguaglianze, soprattutto tra le regioni del Mezzogiorno. L’ultimo dossier dell’associazione delinea uno scenario poco rassicurante soprattutto per Puglia, Sicilia e Campania che, quanto a infrastrutture scolastiche, hanno ricevuto risorse pro capite inferiori alla media nazionale.

Nel mirino di Svimez ci sono i criteri ministeriali di riparto delle risorse a livello regionale che «non hanno tenuto conto dell’eterogeneità interna alle singole regioni in termini di fabbisogni di investimenti». In concreto, il sistema dei bandi competitivi ha penalizzato i territori in cui risulta evidente la carenza di strutture e servizi come tempo pieno, palestre e mense, anche a causa della debolezza delle amministrazioni.

Eppure si tratta di temi strategici per il rilancio del Sud e la riduzione del gap tra quest’ultimo e il Nord. Basti pensare che, nelle province ettentrionali, il tasso di occupazione femminile tra 25 e 49 anni cala dall’85% per le donne senza figli al 66 per le madri con figli di età inferiore ai 6 anni; al Sud questa diminuzione è ancora più accentuata e va dal 58% ad appena il 38 per le donne con figli in età prescolare. Segno che, nelle regioni meridionali, la maternità riduce il tasso di occupazione delle giovani donne di oltre un terzo anche a causa della carenza di servizi per l’infanzia. Divari marcati si registrano anche per quanto riguarda la dotazione di mense scolastiche, la cui assenza limita la possibilità di offrire il tempo pieno agli studenti. Meno del 25% degli alunni meridionali della scuola primaria frequenta scuole dotate di mensa, contro il 60 nel Centro-Nord, e questo valore tocca appena il 32% dei bambini nel caso delle scuole dell’infanzia, contro il 59 nel Centro-Nord. Senza dimenticare che il progressivo disinvestimento dalla scuola ha interessato soprattutto il Mezzogiorno: tra 2008 e 2020 la spesa per rafforzare gli istituti si è ridotta di oltre il 20% al Sud contro il 18 del Centro-Nord. E, nel 2020, da Roma in giù risultano investiti 185 euro a studente, contro i 300 del Centro-Nord.

Perciò gli 11,28 miliardi di euro previsti dal Pnrr per asili nido e scuole, di cui 10,73 assegnati agli enti territoriali, rappresentano un’occasione enorme per ridurre il gap tra Nord e Sud. Nella ripartizione di questi fondi, sebbene la cosiddetta “quota Sud” sia stata rispettata, le amministrazioni di Sicilia, Campania e Puglia – cioè delle tre regioni meridionali più popolose – hanno ottenuto risorse pro capite per la scuola inferiori alla media italiana, nonostante le conclamate carenze infrastrutturali. E a questo paradosso si aggiunge quello per il quale, se si analizza la distribuzione delle risorse assegnate ai Comuni, la provincia con il maggior fabbisogno di investimenti non coincide mai con quella che ha ricevuto le maggiori risorse pro capite: ecco perché, per esempio, Napoli e Palermo si trovano tra le ultime 15 province nella graduatoria per risorse pro capite assegnate pur avendo, per esempio nel caso delle mense, una percentuale bassissima di alunni che possono usufruirne (rispettivamente 5,7 e 4,7). Insomma, il riparto delle risorse non ha tenuto conto dei fabbisogni di ciascun territorio.

Di qui la proposta di Svimez: «Bisogna superare superare l’approccio dell’allocazione delle risorse mediante bandi competitivi, che penalizzano le realtà con minore capacità amministrativa, e identificare preventivamente gli interventi da realizzare sulla base dei fabbisogni reali. In più, serve una programmazione delle risorse per la coesione che consenta di completare, dopo il 2026, il percorso di riduzione dei divari territoriali nelle infrastrutture scolastiche: con le risorse europee del Fesr e con il Fondo per lo sviluppo e la coesione».

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