Tensione alle stelle in maggioranza regionale fra il Pd e il gruppo di Azione. Dopo la legge sul licenziamento dei direttori generali sostenuta dai calendiani e cancellata ex abrupto in Commissione dal Pd, ieri è stata la volta della proposta di legge anti-mazzette a firma del consigliere regionale Ruggero Mennea. Un testo già bocciato dall’aula circa un anno fa e dalla commissione in passato, ma di recente ripreso e discusso anche con la presidenza regionale che aveva chiesto tre correzioni per licenziare la norma. E invece ieri il gruppo dem, d’intesa con la civica Con ed il M5s, hanno fatto un altro blitz a danno di Azione affossando il provvedimento. Ovvero l’istituzione, sulla scorta di un decreto legislativo del 2011, di uno scudo protettivo anti-corruzione per blindare la Regione Puglia e i suoi enti partecipati introducendo un modello di gestione trasparente per tracciare finanziamenti e contributi pubblici in entrata ed in uscita mettendo al riparo le società beneficiarie in caso di inchieste giudiziarie.
Lo scontro
La proposta di legge, però, è finita al centro della faida interna alla maggioranza scoppiata dopo le amministrative che ha determinato il riposizionamento di tutti i partiti. Il Pd, ringalluzzito dal voto, ha ripreso in mano il boccino lanciando ad Azione un segnale chiaro, il secondo consecutivo dopo la questione dei dg delle Asl, con un pugno nello stomaco che ha ristabilito i rapporti di forza interni. E così hanno votato no in quattro: il presidente di Commissione Di Gregorio, i commissari Caracciolo e Lopalco (Pd) e Leoci (Con), mentre s’è astenuta, suscitando qualche perplessità viste le battaglie giustizialiste del suo partito, Grazia Di Bari del M5s. Favorevoli Massimiliano Di Cuia (Forza Italia), Massimiliano Stellato (Misto) e Renato Perrini (FdI).
Le reazioni
Dura la reazione del capogruppo di Azione Mennea: «Prendo atto – ha commentato – che la maggioranza di governo boccia una legge anti-corruzione. Chiederò pubblicamente di spiegare il perché visto che la norma è stata approvata in altre Regioni per rendere più trasparenti i processi. Dotarsi di un modello organizzativo efficace è un valore aggiunto in ossequio ai principi di legalità e eticità ai quali la Regione Puglia dice di ispirarsi». «Noi – ha concluso Mennea – non arretriamo di un millimetro in questa battaglia e andiamo avanti».
La guerra
Uno sgambetto che potrebbe portare i calendiani a rivedere i rapporti di collaborazione con la maggioranza. Per tutta risposta l’ex capogruppo dem Caracciolo, in replica a Mennea, ha chiarito che «pur essendo d’accordo sulla legalità la legge non convince in quanto la Regione è già dotata di strumenti sufficienti a garantire questi principi». Più duri i colleghi del gruppo. «Non accettiamo lezioni di morale da nessuno. Il nostro no nasce dalla riflessione che la legge Mennea, così come emerge dalle note della segreteria generale della Giunta non incide in termini di trasparenza e legalità. Di contro temi così importanti vanno trattati con rispetto e con provvedimenti utili, non diventare vetrine per conquistare qualche pagina di giornale, invitiamo il consigliere Mennea a non indossare maglie della legalità e a non rilasciare patenti». La guerra, insomma, continua.