All’indomani del colloquio tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni sullo stato di attuazione del Pnrr, a finire nella bufera è Raffaele Fitto. Sindacati, associazioni ed esponenti politici chiedono al ministro per il Sud di fare chiarezza sugli obiettivi del Pnrr che, a suo parere, non saranno centrati entro il 30 giugno 2026 e sugli interventi che Palazzo Chigi intende rimodulare.
Il primo ad andare all’attacco è Francesco Boccia, neo-capogruppo del Partito democratico al Senato: «Vogliamo sapere – spiega il originario di Bisceglie – soprattutto sul Mezzogiorno e su tutte le aree interne del Paese, quali progetti modificano e quali tagli ci sono, perché non consentiremo di farli al chiuso di una stanza, specialmente se quella stanza è a Palazzo Chigi ed è pesantemente condizionata da gruppi esterni che nulla hanno a che fare con la politica. Quelle risorse sono state ottenute per ridurre le disuguaglianze».
Anche i sindacati stigmatizzano le espressioni sibilline con cui Fitto ha annunciato la mancata realizzazione di alcuni progetti inclusi nel Pnrr. «Il ministro crea caos e preoccupazione – attacca Emanuele Ronzoni, segretario generale della Uil e commissario straordinario regionale – Chiediamo a Fitto se tra questi interventi rientrano anche progetti pugliesi. Una comunicazione più puntuale consentirebbe di capire se a Puglia rischia di non sfruttare al meglio l’occasione unica e irripetibile del Pnrr e del suo incrocio con gli altri fondi europei».
Insomma, il rischio, più volte evidenziato dal presidente Mattarella, è che l’Italia (a cominciare dal Sud) perda un treno che probabilmente non ripasserà più. Ma quali sono i nodi da sciogliere? La riforma della gestione delle concessioni portuali, che l’Ue ritiene troppo benevola nei confronti di chi vincerà gli appalti, e la questione dei nuovi stadi di Firenze e di Venezia, che Palazzo Chigi ha inteso inserire nel Pnrr a dispetto della Commissione europea che vorrebbe escluderli dal Piano, ritenendoli vere e proprie opere di riqualificazione urbana e sociale. Su questi temi, Governo e Parlamento dovrebbero intervenire a breve. Più difficile, invece, risolvere problemi strutturali come la storica incapacità di spendere i fondi europei e le carenze di organico dei Comuni, enti ai quali è stato attribuito un ruolo centrale nell’attuazione del Pnrr. A tutto ciò si sono aggiunti le difficoltà nelle modifiche nella gestione del Pnrr varate dal governo Meloni a febbraio scorso e di cui il ministro Fitto è stato il più convinto sostenitore: secondo la Corte dei conti l’accentramento di alcuni poteri nella cosiddetta “struttura di missione”, organo che fa capo alla Presidenza del Consiglio, rallenterà e ostacolerà il conseguimento degli obiettivi del Piano.