Piano casa: dopo l’impugnazione del governo, presentata in Puglia una nuova proposta di legge

Dopo l’impugnazione da parte del governo Draghi del nuovo Piano casa della Puglia, il consigliere regionale del Partito democratico e presidente della commissione Bilancio e programmazione, Fabiano Amati, ha presentato una nuova proposta di legge con l’obiettivo di «sgombrare il campo da argomenti secondari, utili a generare abbondanza di confusione e scuse».

Per Amati «è necessario che la Corte costituzionale decida solo sulle obiezioni ideologiche proposte dal Governo contro il nuovo Piano casa, su suggerimento dei dirigenti del Ministero della Cultura». Per questo motivo, con la nuova proposta di legge si vogliono «abrogare le norme impugnate senza alcuna utilità pratica» e «chiarire alcuni dettagli».

Tutto questo, aggiunge Amati, «per tentare tutto il possibile ed evitare la morte di un settore ad altissima densità di posti di lavoro. Insomma, se il Governo vuole istituire la fame in Puglia, noi vogliamo fare di tutto per attenuarla», afferma ancora il presidente della commissione Bilancio e Programmazione.

Quattro i motivi dell’impugnazione da parte del governo: «il primo – spiega Amati – riguarda la pretesa di trasformare il Piano casa da strumento edilizio a strumento urbanistico, per cui imporre l’approvazione concordata con il Ministero della Cultura e a prescindere da quanto prescrivono le norme vigenti, comprese quelle tecniche del Piano paesaggistico. Il secondo motivo riguarda un emendamento presentato in aula, sulla possibilità di procedere con singole istanze e beneficiare, previa delibera del Consiglio comunale, degli incrementi volumetrici. Il terzo motivo riguarda il rispetto dell’indice di edificabilità fondiaria nelle zone agricole. Il quarto motivo riguarda, infine, la possibilità di introdurre le modifiche introdotte da una recente legge statale in materia di aiuti».

Amati ha dunque proposto «l’abrogazione della norma sulle singole istanze in mancanza di delibera complessiva di determinazione degli ambiti, la modifica della norma sull’applicazione dello strumento nelle zone agricole e leggeri chiarimenti a obiezioni sollevate dal ministero delle Infrastrutture. Qualora il Consiglio regionale dovesse recepire le modifiche, la decisione della Corte costituzionale si restringerebbe a due sole questioni, a mio parere di natura ideologica: se, come e quando il Ministero della Cultura può essere legittimamente considerato il tiranno del futuro e dell’autodeterminazione edilizia dei comuni; se, come e quando il Ministero della Cultura può opporre a una legge dello Stato le norme di uno strumento urbanistico, il Piano paesaggistico, sovraordinato alle leggi regionali e agli altri strumenti urbanistici, ma non certamente alle leggi dello Stato», conclude il consigliere regionale Pd.

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