Non si placa la polemica sul taglio di 250 milioni a Province e Comuni, operato dal governo, soprattutto in questi giorni con gli enti locali impegnati ad approvare bilanci e rendiconti. La sforbiciata, che incide in misura maggiore sui municipi che hanno ottenuto più fondi del Pnrr, ha messo in atto una serie di proteste sia parlamentari che dei singoli comuni, ma anche delle associazioni come l’Anci e Ali. Pur con la previsione che sarebbero stati esclusi i fondi destinati al supporto sociale e quelli relativi a specifiche missioni: oltre che gli asili, anche «l’attrattività dei borghi», ad esempio. Tanto che nel resoconto politico della conferenza Stato-Città del 27 giugno scorso, l’Anci ha messo agli atti di aver apprezzato «i miglioramenti dello schema di taglio», ma senza dare il via libera all’intesa perché «taglia di più agli enti che sono più impegnati sul fronte degli investimenti, elemento anomalo e non condivisibile per evidenti motivi di ragionevolezza».
La replica
Dal governo evidenziano che il taglio quinquennale di 250 milioni ai Comuni era stato deciso sette mesi fa con la legge di bilancio. E che il no dell’associazione nazionale comuni è stata «una questione formale» in quanto la stessa sigla lo avrebbe approvato tecnicamente.
Tuttavia la polemica non si placa: «il governo conferma il taglio a migliaia di Comuni, penalizzando quelli che hanno preso più fondi Pnrr. Avevano congelato tutto solo per evitare contraccolpi alle elezioni», punta il dito il capogruppo dem in commissione bilancio a Montecitorio, il pugliese Ubaldo Pagano.
Le critiche
Sono, però, soprattutto i sindaci che intervengono in maniera molto critica da Verona a Catanzaro, da Bari a Cagliari. «La contraddizione del governo è evidente: mentre propagandano l’autonomia differenziata tagliano le risorse ben 250 milioni degli enti più prossimi ai cittadini», afferma Damiano Tommasi, primo cittadino di Verona. Da Cagliari, invece, Massimo Zedda lancia l’allarme: «Ogni Comune dovrà capire su quali sevizi essenziali operare i tagli. Due milioni in meno significa non poter chiudere i bilanci». E ancora «Bari dovrà rinunciare a otto milioni e mezzo lordi e quasi sette netti, significa bloccare la crescita di una città», è l’accusa del neo primo cittadino Vito Leccese.
I temi pugliesi
Una scure che in Puglia, oltre al capoluogo, vede centri grandi e piccoli impegnati in acrobazie contabili per non tagliare servizi essenziali, come a Taranto dove si dovranno compensare tagli per oltre un milione di euro. «Questa scelta del governo di centrodestra suona come un’offesa al rapporto di leale collaborazione che dovrebbe contraddistinguere lo Stato e tutte le sue articolazioni, in particolare il rapporto tra governo centrale e governi periferici», è l’accusa della sindaca di Andria, Giovanna Bruno, dell’ufficio di presidenza dell’associazione Autonomie locali, che lamenta come anche nella Bat ci siano stati tagli «incomprensibili».