«Sull’autonomia differenziata non ho mai cambiato idea, ma sono sempre stato attento a evitare che le Regioni settentrionali si appropriassero di parte del bilancio statale ai danni di quelle meridionali»: Michele Emiliano chiarisce la sua posizione in ordine alla riforma che agita il dibattito politico nazionale. Il presidente della Puglia risponde a chi, nelle scorse settimane, lo aveva accusato di aver cambiato idea sul regionalismo. E indica quale futuro attende la regione tra equilibri politici interni al centrosinistra («Il campo largo non ha alternative»), terzo mandato («È il momento di adeguare la legge elettorale pugliese a quella nazionale») e ruolo dell’Italia in Europa («Avere un commissario pugliese potrebbe essere un vantaggio»).
Presidente, ci avviciniamo alla ripresa dei lavori del Consiglio. Le ultime sedute prima della pausa sono state caratterizzate da qualche fibrillazione. Qual è, dunque, lo stato di salute della maggioranza? E quali sono le priorità programmatiche per i prossimi mesi?
«La maggioranza è salda e consapevole di essere l’erede di venti anni di straordinaria rivoluzione pugliese che ha cambiato tutto in meglio nella nostra regione. Ma è anche convinta che tanto c’è ancora da fare. Questo non esclude ogni tanto disguidi, discussioni animate, incomprensioni ed errori. Ma si tratta di brave persone che devono combattere la battaglia del consenso e della preferenza per se stessi e per i propri partiti.
E quindi ci sono questioni che vanno appianate innanzitutto dalle forze politiche e poi anche dalla presidente dell’assemblea Loredana Capone che deve essere la garante della imparzialità anche rispetto alla minoranza, anch’essa, devo dire, corretta anche se, qualche volta, motivata dai partiti del centrodestra romani contro gli interessi della Puglia e del Sud. È avvenuto così nella seduta dove è stata approvata la delibera sui quesiti referendari in un clima di tale conflitto che ha favorito gli errori della struttura tecnica del Consiglio che non ha controllato le modalità di approvazione del provvedimento. Questo è risultato mancante della maggioranza qualificata necessaria e dei nomi dei consiglieri presentatori del quesito».
Le fibrillazioni si sono registrate soprattutto sul trattamento di fine mandato sul quale lei ha preso una posizione contraria e molto netta: discorso chiuso o c’è margine perché la norma sia approvata in futuro?
«Non credo sia utile ritornare su questa questione che per decisione del Partito democratico e delle altre forze politiche è stata definitivamente chiusa. Ho chiesto questa presa di posizione perché non era prevista nel nostro programma presentato agli elettori. E questi ultimi non la condividevano, nonostante la Puglia sia assieme all’Emilia-Romagna l’unica regione che non prevede una liquidazione di fine mandato nei confronti dei consiglieri in aspettativa che perdono quella relativa al loro lavoro precedente. La cosa non è stata spiegata bene, ma è bene non tornarci più su».
Intanto la giunta Leccese è nata non senza qualche affanno legato a tensioni con l’area Laforgia e il M5s: secondo lei il campo largo è ancora la strada maestra per consentire al centrosinistra di vincere? E lo sarà anche alle prossime regionali?
«Il campo largo non ha alternative per il fronte che si oppone alle destre in Italia, che favoriscono i ricchi e si accaniscono sui poveri. In nome della eguaglianza, della giustizia sociale e della pace queste forze devono costruire una coalizione e un programma condiviso. In Puglia ci riusciamo da anni nonostante qualche battuta di arresto e qualche incomprensione. Per fare una coalizione unita e motivata che attragga l’interesse degli elettori come forza di governo è necessaria tanta fatica».
Terzo mandato. C’è la possibilità che il Consiglio pugliese recepisca la legge nazionale, come ha fatto quello veneto, consentendo a lei di ambire ad altri due mandati? In alternativa è plausibile la sua candidatura a consigliere in attesa di quella al Parlamento nazionale?
«Ho svolto ruoli rilevanti in questi venti anni, eppure mi sono sempre rimesso alla volontà della coalizione e dei pugliesi, per quanto riguarda la mia posizione personale, sottoponendomi sempre alle primarie. La legge elettorale pugliese non è mai stata adeguata alla legge nazionale e probabilmente è giunto il momento di fare questo passaggio. Ma questo non c’entra nulla con la mia personale situazione. Grazie a Dio ho costruito con pazienza in questi venti anni una classe dirigente di straordinario valore e non abbiamo problemi, come invece ha il centrodestra, a individuare candidati vincenti e capaci per i ruoli di sindaco o presidente della Regione».
Molti vedono Antonio Decaro come suo successore: è giusto che l’ex sindaco di Bari abbandoni il Parlamento europeo, dove è stato eletto con mezzo milione di voti, dopo un solo anno?
«Antonio è il frutto migliore della costruzione della nuova classe dirigente pugliese. E oggi è il presidente della più importante Commissione del Parlamento europeo. Un posto dal quale può aiutare l’Europa, l’Italia e la Puglia a superare problemi gravissimi e decisivi per il benessere e la salute delle persone di tutto il mondo. Ma noi siamo una squadra e ciascuno di noi è a disposizione dell’altro a prescindere dalle legittime aspirazioni personali. E comunque manca ancora più di un anno alle elezioni regionali e la nostra analisi è in corso da sempre e abbiamo le idee chiare sui metodi e sui programmi».
Passiamo all’Autonomia differenziata. La Puglia ha fatto ricorso. La destra, però, contesta a lei di essere stato in passato favorevole e oggi contrario al regionalismo: il suo giudizio è cambiato?
«La destra pugliese non solo manca di classe dirigente, ma è anche incompetente e grossolana. E devo dire alle volte manipolatrice della verità. La Puglia non è mai stata contraria a dare più poteri alle Regioni, ma ha sempre sostenuto che a tutte le Regioni dovessero essere date le stesse competenze supplementari e finanziamenti infrastrutturali aggiuntivi per colmare i divari tra Regioni ricche e Regioni più povere. Comunque non abbiamo mai richiesto al Governo di stipulare un’intesa ai sensi del 116 comma 3 e quindi non è vero che abbiamo cambiato idea.
Siamo sempre stati, chiunque governasse, attenti a evitare che l’autonomia differenziata consentisse alle Regioni del Nord di appropriarsi di parte del bilancio dello Stato ai danni del Sud e questo ha significato studiare e prepararsi alla eventualità di dover prendere decisioni in materia. Ma abbiamo sempre pensato che sia meglio evitare la stipula di intese tra singole Regioni e il Governo che rendano la Repubblica un Arlecchino di competenze regionali una diversa dall’altra».
Nei prossimi giorni il ministro Raffaele Fitto dovrebbe diventare commissario europeo: teme che questa prospettiva possa provocare ulteriori ritardi sull’attribuzione delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione oppure ritiene che possa per la Puglia possa trattarsi di un’opportunità?
«Se Fitto andrà a fare il commissario europeo sarà un bene per lui e una responsabilità per il governo Meloni che lo sostiene. Non credo che la sua uscita dal Governo provocherebbe ritardi più gravi di quelli che già sono stati causati. Avere un commissario europeo pugliese in teoria potrebbe essere un vantaggio, ma in concreto molto dipende dal carattere e dalla visione politica. Più che dalla regione di nascita dipende invece dalla capacità di comprendere il successo strepitoso della Puglia nella gestione delle politiche europee, soprattutto quelle di coesione. Alle volte abbiamo avuto riconoscimenti, complimenti e aiuti da commissari non italiani che evidentemente si sono resi conto dello strepitoso miracolo avvenuto in Puglia negli ultimi dieci anni».