Parla Davide Carlucci: «Le elezioni? Roba per ricchi. Così rinuncio alla candidatura»

«Per affrontare la campagna elettorale e ottenere uno scranno alla Camera o al Senato, con l’attuale sistema, servono almeno 30mila euro. Così la politica diventa appannaggio dei ricchi e degli “yes man” dei partiti, non di chi amministra e si batte per difendere il proprio territorio». Ne è convinto Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva delle fonti e, fino a qualche giorno fa, in pole position per una candidatura alle politiche del 25 settembre prossimo nella lista di Verdi e Sinistra Italiana.

Sindaco, tutti scalpitano per una candidatura e lei rinuncia?

«Certo. Se avessi accettato, mi sarei dovuto dimettere e così avrei interrotto il lavoro avviato da sindaco nel 2013. Poi, sul conto corrente bancario, non ho più di 900 euro. Per affrontare una campagna elettorale ne occorrono almeno 30mila, soprattutto in un collegio che va da Barletta a Martina Franca. Avrei dovuto affittare service, stampare manifesti, organizzare incontri, spostarmi continuamente da una città all’altra e fare pubblicità mirata: spese che non mi posso permettere certe spese. Nel 2013 e nel 2018 è stato un miracolo riuscire a farsi eleggere sindaco senza accettare aiuti economici e spendendo soltanto 3mila euro, tutti autofinanziati».

Colpa della legge elettorale?

«Non solo, ma anche della sostanziale abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e del taglio del numero dei parlamentari: chi fa politica partendo dal basso e facendo valere l’esperienza maturata come amministratore locale, non ottiene spazio. Lo trovano soltanto gli “yes man” dei partiti, quelli la cui cieca fedeltà viene premiata con l’inserimento in lista, ovviamente in posizione utile per l’elezione».

Eppure siamo nell’epoca del civismo. Il suo collega leccese Carlo Salvemini ha proposto un “listone” civico nazionale per dare voce a chi non si riconosce nei partiti: iniziativa velleitaria?

«Stimo Salvemini, ma non credo in certe iniziative per un semplice motivo: non può esistere un civismo “puro”. Anzi, ben vengano il pragmatismo dei sindaci e l’intento di dare voce a chi non possiede una tessera di partito, ma alla fine è indispensabile fare sintesi e assumere posizioni chiare almeno su temi cruciali come immigrazione, transizione ecologica, valori di riferimento. Altrimenti il civismo diventa l’anticamera del trasformismo».

Quindi i cosiddetti civici devono andare necessariamente a rimorchio dei partiti?

«Per me è indispensabile una “alleanza tecnica” che riunisca tutti quelli che si riconoscono nei valori della giustizia sociale e dell’antifascismo, da Italia Viva al Movimento Cinque Stelle passando per il Pd e le altre formazioni civiche e politiche di sinistra».

Altro che campo largo, questo è un campo larghissimo.

«È lo schema proposto dal governatore Michele Emiliano, niente di più né di meno».

Lo dica al Pd che non vuole candidare esponenti delle civiche di Emiliano.

«Lo schema di Emiliano è quello del campo larghissimo ed è vincente. Le liste civiche hanno dimostrato di essere determinanti in Puglia e sarebbe un errore disconoscerne il peso politico e impedire loro di dare un contributo nella battaglia contro la destra».

E quale dovrebbe essere la proposta politica?

«La difesa del Sud. Soltanto Fratoianni si è finora espresso contro l’autonomia differenziata sostenuta dalla Lega: quella proposta, se realizzata, darebbe il colpo di grazia a un Mezzogiorno già messo in ginocchio da disoccupazione, denatalità e fuga di cervelli. Sono temi sui quali la sinistra non può farsi trovare impreparata».

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