Pagano (Pd): «Trivelle? No, rinnovabili. Col M5s tutto da rifare»

«Le difficoltà nella conversione del dl Aiuti bis nascono per un solo motivo: perché il M5s non ha votato la fiducia al governo Draghi. Una nuova alleanza? In politica non si vive di risentimenti ma i sentimenti, in questo caso, sono tutti da ricostruire». Ubaldo Pagano, deputato uscente del Pd ricandidato come capolista nel collegio plurinominale di Taranto, non chiude completamente la porta.

Onorevole, dopo le elezioni in Parlamento vi ritroverete di fronte al M5s e, per quello che è il panorama politico, resta l’unico interlocutore a cui può guardare il centrosinistra. Ha avuto troppa fretta Letta nel dichiarare terminata l’alleanza?

«Conte ha tolto la fiducia al governo che dava un senso al campo progressista. Ha fatto una scelta».

Ha anche espresso la volontà di continuare il lavoro politico insieme al Pd alla guida della Regione Puglia. Si può ripartire da qui?

«Molte questioni politiche poste dal M5s fanno parte storicamente del programma del Pd. In politica non si vive di risentimenti ma, in questo caso, bisogna ripristinare una corrispondenza di sentimenti».

Intanto c’è il dl Aiuti bis da convertire in legge e il governo sembra in difficoltà. Chi sta rallentando i lavori?

«La colpa è proprio del M5s e il motivo è sempre quello: se oggi avessimo un governo nel pieno delle sue funzioni, il Paese avrebbe più strumenti per rispondere ai rincari delle bollette energetiche. A ottobre ci aspettano nuovi aumenti e se non arriviamo preparati rischiamo la desertificazione economica».

Il Parlamento ha tutti i poteri per procedere. Perché non lo fa?

«Una cosa è avere una maggioranza che ha una prospettiva di governo, un’altra è intervenire in piena campagna elettorale. Prevalgono le ragioni identitarie delle singole forze politiche più che il bene comune. Vince la contrapposizione, spesso anche per motivi pretestuosi».

La Lega insiste per uno scostamento di bilancio più ampio per aiutare famiglie e imprese. I conti lo consentono?

«Matteo Salvini e Giorgia Meloni su questo hanno due strategie opposte, dimostrando ancora una volta quanto poco solida sia la loro alleanza. Quello che servirebbe è un grande piano europeo di solidarietà per il debito. Non possiamo pensare da soli di aumentare il deficit».

Sul fisco, invece, tutti i partiti sembrano essere d’accordo sulla riduzione del cuneo fiscale. Nessuno o quasi, però, spiega come fare fronte al minore gettito. Qual è la ricetta del Pd?

«Bisogna essere onesti con i cittadini perché è troppo facile promettere la flat tax senza guardare i conti. Non ci sono molte risorse. Dobbiamo attuare un piano di transizione energetica che ci renda autosufficienti e, nello stesso tempo, investire sul capitale umano. Penso, ad esempio, a un turnover importante nella pubblica amministrazione, dando spazio ai giovani soprattutto negli enti locali, nella sanità e nella scuola».

Nella ricetta di Giorgia Meloni per l’autonomia energetica c’è anche la ripresa delle trivellazioni nell’Adriatico. È d’accordo?

«Ci sono tanti progetti presentati dai privati per realizzare impianti fotovoltaici e eolici. Quello che serve è velocizzare le procedure e ridurre la burocrazia. Questi sì che sarebbero sufficienti a garantire l’indipendenza dal gas russo».

Il governo poteva fare di più da questo punto di vista?

«Nell’agenda Draghi c’era anche la semplificazione delle procedure. Purtroppo però è arrivata la sfiducia».

Domani Enrico Letta sarà a Taranto, città verso la quale il Paese ha più di qualcosa da farsi perdonare. I sindacati continuano a denunciare scarsa manutenzione all’interno del siderurgico. Da più parti si chiede di non aumentare la produzione di acciaio senza la Viias (la valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute). Condivide queste preoccupazioni?

«Non solo le condivido ma penso che i problemi della fabbrica siano sotto gli occhi di tutti. Il socio privato non sta procedendo verso il risanamento e lo Stato, che diventerà maggioritario nella compagine societaria di Acciaierie d’Italia, deve farsi garante che ciò accada. Non è possibile pensare di produrre senza che ci sia la Viias preventiva».

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