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Migranti, Laforgia: «”Decretini”. Dal Cdm provvedimento inutile e incostituzionale. E con il karaoke uno sfregio alla memoria» – VIDEO

«Infliggiamoci una penitenza. Ascoltiamo tutta, per intero, parola per parola, la conferenza stampa del Consiglio dei Ministri n. 24, a Cutro, osserviamo gli sguardi, le posture, gli atteggiamenti del governo in carica. Gli sguardi torvi, senza la minima cognizione del dolore per chi ha perso la vita; la sicumera, il tono marziale, l’enfasi dei gesti.…

«Infliggiamoci una penitenza. Ascoltiamo tutta, per intero, parola per parola, la conferenza stampa del Consiglio dei Ministri n. 24, a Cutro, osserviamo gli sguardi, le posture, gli atteggiamenti del governo in carica. Gli sguardi torvi, senza la minima cognizione del dolore per chi ha perso la vita; la sicumera, il tono marziale, l’enfasi dei gesti. E poi, con pazienza, spendiamo qualche minuto per riflettere su quanto è stato annunciato a pochi metri dalle bare degli annegati». È il commento, pubblicato sui propri canali social, dell’avvocato barese Michele Laforgia dopo che il Consiglio dei ministri, riunitosi in Calabria, ha approvato il decreto legge con il quale, spiega, si introduce «una nuova fattispecie di “reato universale”, al dichiarato scopo di perseguire i cosiddetti scafisti “lungo tutto il globo terracqueo”, punendoli sino a trent’anni di reclusione. Sarebbero loro i responsabili, anzi gli unici responsabili, dei morti in mare».

Laforgia chiarisce che la norma approvata dal Cdm «inutile, inapplicabile e verosimilmente incostituzionale. La legge penale – aggiunge già punisce sino a 15 anni il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con pene ancora maggiori in caso di naufragio con lesione o morte dei migranti. I cosiddetti scafisti, peraltro, condividono con le vittime i pericoli del viaggio, spesso in condizioni e con prospettive non molto migliori, in cambio di qualche vantaggio accordato loro da chi organizza il traffico di esseri umani. Quelli che, lucrando sulla pelle dei disperati, non rischiano la vita in mare».

«Immaginare di stroncare l’immigrazione irregolare punendo chi è disposto a morire per fuggire del proprio Paese di origine è – continua Laforgia – un comprovato inganno, oltre che una miserabile ingiustizia. Per molte delle persone che arrivano sui barconi, la galera è un destino migliore della morte per fame, o sotto le bombe, o nei campi di concentramento in Libia. Aumentare le fattispecie di reato e inasprire le pene serve solo a stilare roboanti proclami, senza offrire alcun concreto rimedio né ai fenomeni migratori, né alle morti in mare. Ma non è tutto – dice ancora l’avvocato barese -, perché, sempre al dichiarato scopo di disincentivare gli ingressi irregolari il Governo, con il medesimo decreto legge, ha abrogato alcune disposizioni che consentivano la protezione speciale, e quindi la permanenza e il ricongiungimento in Italia degli stranieri che hanno costruito la propria vita lavorativa e familiare nel nostro Paese. Da oggi, anzi da ieri, decine di migliaia di persone hanno perso i loro diritti e sono a rischio espulsione, senza alcun motivo, peraltro in aperto e insanabile contrasto con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo».

«Oltre al danno – sottolinea – il Consiglio dei Ministri ha provveduto alla beffa, annunciando trionfalmente il ripristino dei “decreti flussi”, ovvero delle quote di ingresso per gli immigrati regolari. Una procedura che consente la chiamata in Italia di singoli stranieri da parte di privati o imprenditori che offrono loro un lavoro. Il che, naturalmente, non risolverà il problema dei milioni di sconosciuti che tentano di raggiungere l’Europa, e solo in parte l’Italia, per ragioni di discriminazione, di povertà, o di persecuzione etnica, religiosa, politica e sessuale».

Ma non è tutto. Dopo quella che Laforgia definisce una «prodezza a reti unificate», la presidente del Consiglio e il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno raggiunto in fretta e furia Como, dove si sono riuniti con Silvio Berlusconi per festeggiare tutti insieme, «giulivi», il cinquantesimo compleanno di Matteo Salvini. «Pare che abbiano intonato al karaoke la canzone di Marinella, che Fabrizio De Andrè compose, nel 1962, per celebrare la morte per annegamento di una giovane prostituta. Dopo il danno e la beffa, anche lo sfregio alla memoria», conclude Laforgia che poi cita un passo del libro “Cuore” di Edmondo De Amicis: “Tutti si voltarono a guardar Franti. E quell’infame sorrise”.

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