«Vogliamo un Sud libero e non ricattabile, il cui futuro non sia nell’assistenzialismo di Stato e nel clientelismo che piacciono alla sinistra. La nostra classe dirigente? C’è, le competenze non ci mancano e siamo pronti a governare»: così Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, reduce da un tour elettorale in Puglia e Basilicata.
Presidente Meloni, lei ha detto che farà gli interessi dell’Italia. Bene. Ma che posto ha il Sud nel suo programma? C’è una misura, in materia di rilancio del Mezzogiorno, che caratterizza Fratelli d’Italia rispetto agli altri partiti?
«Noi vogliamo un Sud libero e che non sia ricattabile. Crediamo che il futuro del Mezzogiorno non sia nell’assistenzialismo di Stato e nel clientelismo che tanto piacciono alla sinistra, ma nel lavoro e nella crescita. Ed è possibile raggiungere questo obiettivo solo se si investe in infrastrutture moderne, se si aiutano le imprese ad assumere, se si valorizzano le grandi potenzialità del Sud, a partire dalla sua collocazione geografica privilegiata che la rendono una naturale piattaforma nel Mediterraneo. Il Mezzogiorno può diventare sia un hub energetico, convogliando le ingenti fonti di approvvigionamento primarie che vengono dal Nord Africa e dall’Est e valorizzando il potenziale delle energie rinnovabili, sia la zona d’Italia che può meglio sfruttare le potenzialità che arrivano dall’economia blu. Questo significa mettere a sistema tutto ciò che ruota intorno al mare, dai porti alla logistica, dal turismo alla pesca. Ma bisogna anche investire sulla sicurezza e sulla legalità, perché senza sicurezza e legalità le imprese non hanno le condizioni minime per potere lavorare. E ancora l’occupazione: da questo punto di vista pensiamo che, attraverso un negoziato con la Commissione europea, sia possibile rafforzare, estendere a tutte le aree svantaggiate e rendere strutturale una misura come la decontribuzione Sud».
Che cosa farà nelle prime settimane al governo, nel caso in cui dovesse diventare premier?
«L’urgenza è il caro bollette. Dobbiamo fissare un tetto al prezzo del gas in sede europea che continua ad aumentare a causa della speculazione. È necessario poi disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas. Se questa misura la fa l’Europa è sicuramente più efficace, ma si può fare anche a livello nazionale. E secondo i nostri calcoli ha un costo di 3-4 miliardi di euro, per i quali non servirebbe un ulteriore scostamento di bilancio. Vogliamo poi sostenere famiglie e imprese con meccanismi di credito d’imposta e introdurre le “utenze di sussistenza” per fronteggiare situazioni di difficoltà economica e garantire un livello minimo di energia e gas, anche in caso di morosità. L’altra priorità è sicuramente ridurre le tasse sul lavoro con un taglio strutturale del cuneo fiscale e contributivo per mettere più soldi nelle tasche dei lavoratori e dare fiato alle imprese. E ancora la centralità della famiglia e della natalità per uscire dall’inverno demografico che sta vivendo l’Italia e combattere anche il fenomeno dello spopolamento che colpisce in particolare le regioni del Sud. Immaginiamo di mettere in campo un piano imponente, che preveda la progressiva introduzione del quoziente familiare, l’aumento dell’assegno unico universale, il sostegno ai Comuni per asili nido gratuiti e aperti fino agli orari di chiusura di negozi e uffici. E poi incentivi alle imprese che assumono donne e neo-mamme e che favoriscono misure di conciliazione tra vita e lavoro».
La sua candidatura in Puglia era inattesa. Per qualcuno è un omaggio a Pinuccio Tatarella. Quanto è importante la lezione di Tatarella e cosa risponde a chi la accusa di essersi candidata in Puglia, oltre che in altri collegi, solo per “tirare la volata” ai candidati locali?
«Tatarella è stato tra coloro che hanno ispirato una destra moderna, coraggiosa e forte, capace di governare l’Italia. È stato un grande innovatore, un uomo che sapeva guardare lontano e che ha combattuto da pioniere battaglie che poi sono diventate di tutti, a partire da quella per una riforma in senso presidenziale dello Stato. Un uomo innamorato dell’Italia ma anche della sua terra, la Puglia, alla quale anche io sono particolarmente legata. Perché questa è un terra che è indissolubilmente legata alla storia della destra italiana e che ha dato alla destra italiana grandi soddisfazioni. Candidarmi qui significa rinnovare e ribadire questo legame».
Il presidente della Regione Michele Emiliano ha detto che la Puglia è la “Stalingrado d’Italia” e che il centrodestra dovrà “sputare sangue” anche in caso di vittoria alle elezioni. Si aspettava una reazione di Enrico Letta, segretario del Pd?
«Sono rimasta colpita da Enrico Letta che non solo non ha preso le distanze dalle affermazioni di un suo presidente di Regione ma che anzi le ha applaudite dal palco. Ecco queste frasi sono perfettamente in linea con la gestione del potere del Partito democratico che abbiamo visto in Puglia in questi anni: Emiliano è passato agli annali per aver convocato, a tre giorni dal voto delle elezioni regionali, dei precari per fargli firmare di fronte ai parenti un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Capisco dunque il nervosismo e la paura della sinistra che ha messo in piedi un sistema di potere: per loro deve essere favorito chi ha la tessera del Pd o è vicino alla sinistra, mentre per noi non conta quale tessera si ha in tasca ma conta solo il merito».
In caso di successo alle elezioni, dove attingerà per individuare i ministri e i sottosegretari? Guarderà agli amministratori locali, magari anche pugliesi? Ci sarà spazio per figure come il pugliese Raffaele Fitto?
«Ora siamo concentrati sul 25 settembre. Prima pensiamo a garantire agli italiani una possibilità di riscatto e di sviluppo, poi ci occuperemo di riempire le caselle necessarie. E le competenze non ci mancano. Guai, però, a pensare che il risultato sia già scontato. Bisogna impegnarsi fino all’ultimo giorno. Anzi, colgo l’occasione della disponibilità del vostro giornale per lanciare un appello ai cittadini pugliesi: andate a votare, non voltatevi dall’altra parte. Perché il destino del Sud non è già scritto e il declino si può invertire. E questo può garantirlo solo un governo di centrodestra, forte e coeso, che ha una visione di sviluppo e che può contare su un ampio mandato popolare dei cittadini per portarla avanti».