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Mattarella: «Il 2025 anno di pace. Colmare il divario Nord-Sud». Su Sala: «La aspettiamo»

Dieci anni, dieci discorsi. Sergio Mattarella si avvia a compiere due lustri da Presidente della Repubblica, essendo stato eletto per la prima volta il 31 gennaio 2015, e di conseguenza ha parlato per la decima volta agli italiani in occasione del tradizionale discorso di fine anno dal Quirinale per gli auguri alle italiane e agli…

Dieci anni, dieci discorsi. Sergio Mattarella si avvia a compiere due lustri da Presidente della Repubblica, essendo stato eletto per la prima volta il 31 gennaio 2015, e di conseguenza ha parlato per la decima volta agli italiani in occasione del tradizionale discorso di fine anno dal Quirinale per gli auguri alle italiane e agli italiani. Come è tradizione fin dai primi auguri, il Capo dello Stato non ha parlato in politichese e men che meno alla classe politica, a cui si è rivolto, a partire dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso dello scambio degli auguri con i vertici della Nazione il 17 dicembre. Mattarella ha parlato agli italiani. Si è rivolto ai cittadini affrontando tutti i temi centrali dell’agenda pubblica nazionale e internazionale.

Un lungo elenco di problemi da risolvere e soprattutto tante richieste di impegno. Ma anche un monito alto che riprende il tema del Giubileo voluto da Papa Francesco, a cui Mattarella ha rivolto “auguri riconoscenti”. “La speranza siamo noi”, ha detto concludendo dopo poco meno di venti minuti la diretta a reti unificate con accanto le tre bandiere: europea, italiana e il vessillo della Presidenza della Repubblica e alle spalle l’albero di natale decorato con palline su cui sono scritti gli articoli della Costituzione o alcuni importanti monumenti italiani come il colosseo, mentre sullo sfondo una riproduzione della Madonna della seggiola di Raffaello su una consolle barocca. “La speranza – ha detto – perchè siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra. Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza è il nostro impegno. La nostra libertà, le nostre scelte”.

Mattarella è partito come gli altri anni dagli scacchieri di guerra nel mondo e ha ribadito la posizione dell’Italia, spiegando che “la pace non è sottomissione all’aggressore ed essa mai come adesso grida la sua urgenza”. Sia in Medio Oriente che in Ucraina, dove ricorda come “la pace è il diritto di ogni popolo alla sua libertà”. Un pensiero subito dopo il Capo dello Stato lo ha rivolto a Cecilia Sala, la giornalista sequestrata in Iran, che “aspettiamo presto”, cogliendo l’occasione per un messaggio ai tanti cronisti che rischiano la vita per “raccontare le guerre”. Sempre parlando dei conflitti, Mattarella ha sottolineato come anche “noi siamo costretti ad aumentare le spese per la difesa, che stridono rispetto ai pochi fondi stanziati dalle Nazioni a Baku per la Cop 29 sul cambiamento climatico”.

Ricchezza e povertà sono stati temi su cui si è soffermato il Capo dello Stato, ma anche “le liste d’attesa per visite che se fatte in tempo possono salvare le vite”, con tante persone che “rinunciano per difficoltà economiche”, dovute anche ai “salari bassi, nonostante i segnali positivi dell’occupazione”.
Un altro tema su cui si è soffermato con più puntiglio Mattarella sono stati i giovani: sia quelli che vengono attratti “dalla violenza e dal bullismo appresi sul web”, sia quelli che “sono costretti, spesso laureati, ad andare all’estero, quando invece sono una risorsa per il Paese”.

Nella parte finale i messaggi più politici come quello di dover “colmare il divario nord sud”, che appare come un monito per la legge sull’Autonomia differenziata. Così come da combattere sono “i tanti suicidi in carcere e le condizioni dei detenuti. Bisogna applicare la Costituzione – ha scandito – perché essi vivono in realtà inammissibili”. Subito dopo, prima degli auguri finali ha citato i tanti femminicidi, a partire da Giulia Cecchettin, “mentre noi vogliamo parlare del protagonismo delle donne”, ha sottolineato. Così come ha ricordato Sammy Basso quale “esempio di vita piena pur in mezzo a enormi difficoltà”.
Infine, un ultimo messaggio politico: “patriota è anche chi non è nato in Italia, ma la ama, condivide i suoi valori e rispetta le sue leggi”, come a dire: anche gli immigrati possono essere patrioti.

Il discorso si è concluso con un abbraccio alle “forze dell’ordine, che garantiscono i cittadini per cui la sicurezza è una priorità”, per poi ricordare come quest’anno “cadono gli 80 anni della Liberazione che il fondamento della nostra Repubblica”. Prima di salutare, un pensiero agli atleti “in questo anno olimpico che ci hanno insegnato l’orgoglio della nostra bandiera”, ma anche “agli insegnanti, ai professionisti, agli imprenditori, agli anziani, ai volontari e ai nostri militari a cui siamo riconoscenti”. Subito dopo le note dell’inno di Mameli con cui è calato il sipario nella sala del lucernario del Palazzo del Quirinale. Per la decima volta.

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