Quattordici consiglieri comunali di Manfredonia, cinque dei quali della coalizione di centrodestra che governava la città, hanno rassegnato le dimissioni.
Cade così il Consiglio comunale di Manfredonia dove, nell’autunno del 2021, era stato eletto sindaco Gianni Rotice, esponente del centrodestra. Il Consiglio comunale era stato precedentemente sciolto nell’ottobre 2019 per infiltrazioni mafiose.
«Un atto coraggioso e significativo che si è reso necessario in seguito alla palese constatazione che ormai erano venute meno le condizioni per una proficua azione amministrativa nel Comune di Manfredonia e anche per una sana opposizione», si legge nel documento dei partiti e delle liste di opposizione.
«Per quasi due anni, la città ha vissuto una continua paralisi amministrativa a causa di una coalizione di centrodestra che si è dimostrata priva di visione e di capacità organizzativa, attratta solo da iniziative di poco respiro, da continui selfie e dall’esercizio del potere utile a se stessi e non nell’interesse della nostra comunità», prosegue.
«Manfredonia ora ha l’opportunità di rialzarsi veramente e di riscattarsi. Il nostro auspicio è che in futuro la nostra città sia guidata da figure competenti, capaci di servire al meglio gli interessi della comunità e di riscattarla, con un progetto di rinascita fatto di passione, competenza e spirito di servizio di tutti coloro che hanno a cuore le sorti di Manfredonia», conclude il documento delle opposizioni.
«Abbiamo scalato una montagna a mani nude nel pieno di una tempesta. Le difficoltà non ci hanno intimorito e più di qualche risultato resterà nella storia di Palazzo di Città ed il futuro ce ne darà merito», scrive Rotice sulla sua pagina Facebook dopo aver appreso di essere stato sfiduciato fuori dall’aula del Consiglio comunale. «Sono stato un sindaco che sin dal primo giorno ha rinunciato interamente alla sua indennità per destinarla alle fragilità sociali (circa 50mila euro l’anno), a ogni tipo di rimborso (muovendomi con la mia auto personale) e riducendo staff (da cinque a una unità) e consulenze. Non sono un politico di professione e non ho intrapreso questo percorso da sindaco per diventarlo», ha sottolineato.
«Sono stato un sindaco di rottura, ho scoperto i coperchi di troppe pentole, sono stato troppo con la schiena dritta. Lo so e non me ne pento. Vado a casa a testa alta. Manfredonia aveva bisogno di discontinuità e energie nuove per ripartire davvero, evidentemente non era l’obiettivo principale e l’interesse anche di qualcuno a me vicino», ha detto ancora.
«Con caparbietà e con scelte impopolari, siamo venuti a capo di diverse ed ingarbugliate questioni amministrative che affannavano l’operatività della tecnostruttura. Un Comune in riequilibrio finanziario per 30 milioni di euro fino al 2046 e che ereditava un commissariamento per scioglimento per mafia», ha aggiunto.
«Non ho nulla da recriminare sul mio operato, ma tante cose da raccontare ai cittadini. Lo farò presto con la mia solita schiettezza e semplicità. Andare a casa per un patto tra chi è al governo e le forze di opposizione è innaturale, ma forse è uno degli episodi più “normali” tra quelli accaduti», ha concluso Rotice.