Letta attacca i competitor e sul Pd pugliese: «Emiliano è una ricchezza per partito e regione»

«La destra non ha mai creduto nel Pnrr, per questo vuole affossarlo. A danno del Mezzogiorno». Per Enrico Letta il 25 settembre sarà un referendum tra il Pd, da una parte, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia dall’altra. Difficile, invece, prevedere cosa accadrà dopo in Parlamento nel campo progressista, con il Movimento Cinque stelle («Conte ha voltato le spalle agli italiani») e il Terzo Polo («abbaia alla Luna») ad oggi avversari e ferite difficili da rimarginare.

La sua campagna elettorale per il Pd è partita difendendo l’agenda Draghi. Secondo il M5s siete stati voi a “tradire” il campo progressista. C’è ancora spazio per ricostruirlo dopo il voto?

«A voltare le spalle agli italiani e ai cittadini siciliani è stato Conte, che ha innescato la miccia e prima ha fatto cadere il governo Draghi e poi ha rinnegato il risultato delle nostre primarie in Sicilia. Trenta mila elettori traditi. Conte, come Renzi e Calenda, sta facendo una campagna tutta contro il Pd. Ma qualcuno ha capito cosa vogliono per il Paese? La verità è che non ci si improvvisa progressisti, il Pd è l’unico partito del lavoro, serio e credibile. Ora pensiamo al 25 settembre: con questa legge elettorale o si vota Pd o si vota la destra».

Il Terzo Polo mira al ritorno di Draghi a Palazzo Chigi. Qualora foste la prima o la seconda forza elettorale, rivendicherete l’espressione di un vostro candidato?

«Il Terzo Polo, che poi è il quarto, può ambire a ciò che vuole, ma abbaia alla Luna. Draghi ha detto no. E Renzi e Calenda continuano a spacciarne il copyright, come Totò e Peppino che volevano vendere la Fontana di Trevi ai turisti ignari di chi fossero. Quanto a me ho già servito per nove mesi il mio paese da presidente del Consiglio. Un compito che sarei onorato di assolvere ancora con disciplina e al massimo delle mie forze. Ma non mi aggiungo alla lista di quelli che, una volta usciti da Palazzo Chigi, poi sono ossessionati dall’idea di tornarvi. Renzi e Conte mi paiono molto simili in questo».

Avete presentato la Carta di Taranto. Intanto il Fondo di coesione è bloccato e i soldi non arrivano alle regioni meridionali, a cui sono destinate l’80% delle risorse. Di chi è la colpa?

«La colpa è dei ministri leghisti. É un antipasto di quanto farebbero al governo: rinegoziare il Pnrr, con la certezza di perdere i finanziamenti, realizzare l’autonomia differenziata contro il Sud e il presidenzialismo contro tutti. Lo hanno ripetuto, Meloni da Bari e Salvini da Pontida. Berlusconi da Napoli ha detto addirittura che il Mezzogiorno è uscito dalla loro agenda per colpa nostra. La verità è che solo su un punto sono d’accordo: affossare il Sud. Il ritorno in auge di Tremonti è un segnale inequivocabile. Per noi invece il rilancio dell’Italia parte proprio dalle regioni meridionali, senza il Sud l’Italia non va da nessuna parte».

Prevedete l’assunzione di 300mila nuovi occupati nel pubblico impiego per ringiovanire le amministrazioni. Intanto, però, si rischia il ritorno della legge Fornero, con un innalzamento dell’età pensionabile. Secondo molti esperti proseguire con Quota 102 sarebbe insostenibile per lo Stato. Come interverrete?

«Abbiamo scritto nero su bianco nel nostro programma che vogliamo rendere più flessibile l’uscita dal lavoro a partire dai 63 anni. È indispensabile facilitare l’accesso alla pensione di chi ha svolto lavori gravosi o usuranti o di chi ha avuto sulle spalle la cura in famiglia, rendendo stabili misure come l’Ape sociale e l’Opzione Donna. Le pensioni devono “pesare” di più, per questo vogliamo estendere la quattordicesima a tutti i pensionati».

Perché per il Pd è un errore rivedere il Pnrr alla luce delle nuove difficoltà del Paese, come propone Giorgia Meloni?

«Dietro la proposta di Fdi c’è un bluff. Il partito di Giorgia Meloni non ha mai votato il Pnrr, mai. Anche di recente ha detto che per lei si tratta solo di debiti. La verità è che non vuole fare piccole modifiche, ma rimettere il piano in discussione e perdere i finanziamenti. Su questo è d’accordo con Salvini. E sarebbe un disastro, soprattutto per il Sud, visto che abbiamo ottenuto che il 40% delle risorse vadano alle regioni meridionali e che il 30% dei posti generati siano di giovani e donne. Berlusconi si è smarcato. Ma troppo tardi e in modo troppo blando. E comunque Fi oggi ha un ruolo ancillare, è solo un azionista di minoranza della destra estrema».

La pandemia ha complicato i meccanismi di riscossione delle cartelle esattoriali da parte dell’Agenzia delle entrate. Siete disponibili a una nuova rottamazione o pace fiscale a beneficio di famiglie e imprese?

«Siamo contrari ai condoni perché premiano chi non paga le tasse e penalizzano chi paga tutto, fino all’ultimo centesimo. Altra cosa è agevolare la riscossione e dare la possibilità ai contribuenti in difficoltà di rateizzare il dovuto senza penalizzazioni, questo lo abbiamo sempre fatto».

La Puglia è la regione dove si produce più energia rinnovabile in Italia. Eppure sta pagando un caro prezzo con l’incremento al massimo della produzione a carbone nella centrale di Cerano. C’è chi pensa al nucleare di terza generazione per superare la crisi. Qual è la posizione del Pd?

«Sull’energia stiamo vivendo una fase di transizione, l’attuale crisi generata dalla guerra in Ucraina e dalla speculazione non ci permette di evitare come vorremmo le fonti fossili alternative al gas. Ma per noi è chiaro che la via italiana alla transizione ecologica passa dal Green Deal europeo e dalle rinnovabili. Il presente e il futuro energetico dell’Italia sono le rinnovabili, che ci convengono tre volte: danno un contributo positivo all’azzeramento delle emissioni che alterano il clima; abbattono la speculazione e gli aumenti; nel breve periodo riducono la nostra dipendenza dall’importazione di fonti fossili e in prospettiva ci consentono l’autonomia energetica. Il nucleare di terza generazione della destra e di Calenda è uno specchietto per le allodole, è come rimandare la palla in tribuna».

Sempre in Puglia, tra i candidati il Pd ha dato spazio ai civici, vicini a Michele Emiliano, non senza polemiche. Cosa l’ha convinta a una tale apertura del partito?

«Le polemiche per le candidature hanno riguardato tutte le forze politiche e sono davvero acqua passata. Michele Emiliano è una ricchezza per la Puglia e per il Pd e con lui e con i candidati locali siamo impegnati per vincere queste elezioni. La partita si gioca al Sud».

In Svezia la socialdemocratica Anderson si è dimessa da primo ministro riconoscendo la sconfitta, avvenuta con un contributo decisivo dell’estrema destra. Dove sta andando l’Europa?

«Stiamo vivendo una cesura epocale, come singoli Stati membri e come Unione europea. La pandemia, i lockdown, la guerra, la crisi energetica, il caro vita e l’impennata dell’inflazione. L’Ue ha retto e ha dato risposte fondamentali come il Recovery Fund e il Next Generation Eu. L’unione ha fatto la nostra forza, anche di fronte alla guerra. I partiti dell’estrema destra, populisti e sovranisti, si alimentano delle paure e delle preoccupazioni delle persone. Con Meloni e Salvini l’Italia sarebbe più vicina all’Ungheria di Orban e alla Polonia di Morawiecki. Sono leader eletti, ma che siano democratici è molto discutibile. La scelta del 25 settembre è netta: con noi l’Italia continuerebbe ad essere il grande paese che è, fondatore dell’Unione. Con loro sarebbe più piccola e isolata, antieuropeista e poco credibile».

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