La giunta regionale è pronta a rivedere, limare e riapprovare la delibera sull’aborto che offre 5 mila euro a mamme e famiglie povere per favorire la natalità. Il provvedimento è stato sospeso dopo le polemiche divampate a seguito di articoli di stampa che hanno scatenato un putiferio nella maggioranza di centrosinistra.
Una tempesta in un bicchier d’acqua con commenti dei big nazionali del governo, a partire dal ministro Salvini, e da parlamentari di centrodestra che hanno sostenuto l’iniziativa apparentemente vicina alle politiche sociali del governo Meloni.
In realtà la delibera, approvata su istruttoria dell’assessorato al Welfare Rosa Barone dei cinque stelle, puntava a sostenere le donne in condizioni di estrema difficoltà che hanno deciso di portare a termine la gravidanza e si rivolgono ai consultori, ai Comuni o alle strutture specializzate per ricevere un aiuto.
L’attuazione, in pratica, del Piano per le Politiche Familiari 2020- 2022, approvato nel 2020, al termine di un percorso partecipato iniziato nel 2018, e di quanto previsto dalla legge sull’aborto del 1978. Il piano regionale, in particolare, individuava quattro macro aree: lavoro e natalità, famiglie e risorse socio-educative, politiche fiscali ed economiche per le famiglie, servizi di cura, con schede di intervento e misure specifiche da attivare. Fra queste la scheda incriminata, relativa all’intervento numero 6, adottata su proposta del Forum delle famiglie, che sedeva ai tavoli per la redazione del piano.
Il forum chiese di applicare un pezzo della legge sull’aborto a tutela delle donne in gravidanza in situazione di difficoltà per garantire assistenza alla gestazione e al post partum con l’erogazione di servizi assistenziali integrati e multidisciplinari, per andare incontro alle dimensione medica del problema ma soprattutto sociale intercettando i bisogni delle donne. Un progetto sperimentale con una durata limitata di 18 mesi ed un plafon di 325 mila euro affidati agli ambiti territoriali di Andria, Bari, Barletta, Brindisi, Foggia, Lecce, Taranto e Trani. Fra gli altri erano inseriti sostegno psicologico, supporto emotivo, mediazione del conflitto intrafamiliare, biblioteca solidale, sport in gravidanza, bonus per l’acquisto di prodotti per la cura e l’alimentazione del neonato. Ogni pezzo dell’intervento prevede un contributo fino a 5.000 euro per le donne o famiglie con un Isee fino a 7.500 euro e fino a 3.000 euro per le donne o le famiglie con Isee da 7500,01 a 10.000 euro. La misura si affiancava a quelle che sostengono le famiglie nella conciliazione vita lavoro, nel pagamento delle rette per la frequenza dei nidi e dei servizi socio educativi per minori, nella redazione di piani di Welfare aziendale da parte delle imprese. Di qui l’accordo raggiunto fra gli assessori ed il governatore Emiliano a riesaminare il testo e condividerlo politicamente.
Nella prossima seduta prevista il 26 aprile l’assessore al welfare Rosa Barone relazionerà in merito con la discussione punto per punto della delibera, non ultimo la possibilità di aprire un tavolo di concertazione coinvolgendo associazioni e movimenti che hanno bocciato in toto il provvedimento “mal interpretato”, come chiarisce l’assessore alla sanità Rocco Palese il cui dipartimento ha materialmente scritto parte dell’intervento.