La vittoria della città che non si arrende. Episcopo: «Siamo rimasti fermi per troppi anni»

La stanza del comitato in via Conte Appiano ha i segni del vissuto di una notte elettorale, presto diventata alba e nuovo giorno. Maria Aida Episcopo è seduta dietro la scrivania, ma senza piglio da docente. Si mostra accogliente con tutti, anche con i giornalisti che sono arrivati per le testate nazionali e regionali. Li accoglie come una professoressa ai colloqui scolastici. Sorriso e stretta di mano, ma la fermezza di essere cosciente del ruolo che andrà a ricoprire: quello di prima donna sindaca di Foggia, città «che viene fuori da sette anni di disastro landelliano e due anni e mezzo di commissariamento», afferma. Una sindaca che non dimentica di essere moglie e madre di due figli che vuole portare Foggia nella rete nazionale di “Città delle donne”. «Devo fare la spesa, ma ormai non riesco più a girare per strada o andare al supermercato, tutti mi fermano e mi salutano, e ho anche scoperto di avere un grande consenso tra i miei condomini».

Archiviata la storia della vittoria al primo turno elettorale. Che storia s’inizia a scrivere adesso?

«Intanto, stiamo ancora festeggiando, poi attendiamo la proclamazione degli eletti che faranno un viaggio bellissimo con me, mentre ho chiamato prefetto, questore, procuratore e vescovo per presentarmi e chiedere il loro supporto. Ho ricevuto anche la visita e le telefonate degli altri candidati che considero “colleghi” visto che siederemo tutti nello stesso consesso comunale».

Ma come pensa di convicenre quei foggiani che non sono andati a votare in una città che viene da uno scioglimento per mafia?

«Ma l’assenteismo è un tema che riguarda tutta l’Italia, basta vedere cos’è successo a Monza per il voto suppletivo al Senato. Per un periodo abbiamo avuto una macchina amministrativa disvaloriale nella operatività tradizionale del rapporto tra assessori e cittadini, se poi aggiungiamo che la precedente amministrazione ha contribuito a rafforzare una sorta di allontanamento degli elettori, il quadro mi pare sufficientemente esaustivo. Ma aggiungo che i giovani non sono attratti dalla politica, anche se noi abbiamo avuto tanti incontri e avevamo in lista tanti giovani. Ma la nostra preoccupazione è rivolta a quella fascia di giovani che non studia e non lavora. Lì dobbiamo incidere rilanciando i temi del lavoro come occasione di reclutamento giovanile».

Ma in che modo?

«Dobbiamo intervenire sui temi dello sviluppo, iniziando dalla zona industriale. Non possiamo permetterci il lusso di perdere occasioni come quella di Amazon. Ma dobbiamo mettere mano al piano di commercio che incentivi i giovani all’iniziativa personale. Abbiamo il dovere di non perdere altro tempo sul Pnrr. Dobbiamo assumere per recuperare la mancanza di quasi 400 dipendenti più una cinquantina per la Polizia locale, ma anche perché abbiamo solo 3 dirigenti, uno dei quali prossimo alla pensione».

Però imprese e imprenditori scappano per mancanza di sicurezza?

«A noi spetterà il compito di garantire massima sicurezza in città. Lavoreremo in tal senso anche per verificare se le parole dei rappresentanti del Governo, arrivati a Foggia, erano promesse elettorali o effettiva volontà di garantire la sicurezza dei foggiani».

E sulla scelta degli assessori che metodo adotterà?

«Non lasciamo fare ai partiti né i partiti lasciano fare a me. Sono formule di equilibrio tenendo presente che tutti i nostri eletti hanno una formazione di grande spessore professionale che saranno di certo utile alla macchina amministrativa. Sono contenta di aver riscontrato un habitus politico e un know-how tecnico».

Però i temi vanno tradotti dalla carta dei programmi alla realtà cittadina?

«Partiamo da alcuni punti di riferimento come a esempio per il Piano sociale che ha eliminato quelle forme di sussidiarietà che servivano solo ad alimentare clientelismi. Penso all’emergenza casa che dev’essere affrontata con decisione ma senza discriminazioni».

Come si muove una sindaca che non ha “padrini” politici?

«Ho molta stima del presidente Conte, ma anche verso Schlein ho grande apprezzamento, così come per Raffaele Piemontese che è stato sempre molto vicino e mi ha incoraggiato ad andare avanti. Però non mi sento di un partito ma di un’area, quella progressista, dove mi trovo a mio agio».

Se fosse andata al ballottaggio con chi avrebbe cercato il dialogo?

«Con De Sabato abbiamo molto similitudini, ma anche con Angiola, mentre avrei evitato di cercare in alcune liste civiche possibili appoggi».

Cosa porterà della sua precedente esperienza assessorile in questa nuova storia?

«Noi donne siamo brave a concentrare più ruoli. Sono stata madre in giovane età, ma continuavo a studiare la notte, senza mai mancare ai miei doveri genitoriali. Ma il segno che questa città è rimasta ferma per troppo tempo è nel parco macchine dell’Ataf, praticamente lo stesso dei tempi della giunta Mongelli, dove noi dovevamo fare i conti con pochi soldi in cassa, sempre a un passo dal dissesto finanziario e con debiti che venivano dai governi precedenti».

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