«È la televisione ancora il primo mezzo usato dagli italiani per informarsi. I temi trattati, però, li prende sempre più dai social». Ad affermarlo è Giovanni Sasso, pugliese e direttore di “Proforma”, la società di comunicazione che segue in questa campagna elettorale il Pd.
Direttore, sono cambiate molte cose dal 2005, quando con quel “sovversivo” sui manifesti di Nichi Vendola, oltre che “pericoloso” e “diverso”, turbò ed entusiasmò contemporaneamente il centrosinistra pugliese.
«Ricordo con grande soddisfazione quella campagna. Oggi l’idea creativa si perde in un mare di altri stimoli. È passata davvero un’era geologica. Chissà, può darsi che quella stessa campagna oggi sui social non avrebbe funzionato. Sotto ai manifesti non si potevano scrivere i commenti…».
Era meglio prima?
«Il continuo feedback attraverso internet e l’interazione con gli utenti ci rende inevitabilmente più insicuri. Ci si perde in una serie continua di diramazioni rispetto alla comunicazione unidirezionale di una volta. Non puoi, ad esempio, permetterti di rimanere fuori da una discussione in trending topic su Twitter. È una sfida quotidiana».
Vince sempre l’algoritmo?
«Noi ci impegniamo a non subirne le logiche. A volte però si è costretti a riflettere su come reagire a polemiche sul nulla, che spesso nascono anche da fake news. Tutto tempo che si toglie all’elaborazione di messaggi più “profondi”. Noi proviamo a non cadere nella “logica degli istanti” ma non sempre puoi sottrarti».
La fetta di chi si asterrà dal voto potrebbe estendersi ulteriormente in questa tornata elettorale. Come si convincono gli scontenti?
«Non c’è una ricetta sempre valida. Quello che proviamo a fare è stare il più vicino possibile ai contenuti di suo interesse evidenziando quanto sia importante il suo contributo».
È quello che state provando a fare con il Pd?
«Mai come in questa occasione si è di fronte a una scelta determinante. Lo slogan “scegli” nasce per questo».
Saranno i social a eleggere i vincitori?
«In realtà dai sondaggi emerge che la televisione sarà ancora il principale strumento di informazione ai quali si stanno affidando gli italiani. La novità è che i social dettano i temi».
Hanno sostituito i giornali?
«No, perché non hanno una vera e propria gerarchia delle notizie. La velocità con cui si riesce a comunicare una informazione, ad esempio con un meme, garantisce una istantaneità, però, superiore anche a quelle delle testate online e sulla tv stessa».
Per raggiungere i giovani basta usare Tik Tok?
«Sono convinto che gli strumenti contino molto meno rispetto al contenuto. Faccio un esempio: se il sindaco di Bari Antonio Decaro fa un video su Facebook parlando della scuola, diventa virale anche su Tik Tok perché sono gli stessi ragazzi a riportarlo anche su altre piattaforme. Quello che si dice è ancora l’elemento più importante nella comunicazione».
C’è anche chi non ne può più dei social. Può avere un impatto?
«Ad oggi no. Sono troppo pochi».