La direzione nazionale del Pd: Schlein chiede compattezza. De Santis: «Sia un partito plurale»

Un’estate militante per rilanciare il partito su sette punti chiave. È la ricetta o, meglio, l’autentica svolta, imboccata da Elly Shlein durante la direzione nazionale del Partito Democratico. Una segreteria che rialza la testa, suona la carica per provare a ritrovare entusiasmo e passione.

Elly chiede un partito determinato e movimentista. Pizzica la base ed i circoli chiedendo loro di lavorare su vecchi e nuovi obiettivi concreti, reali, che parlino al cuore del paese: lavoro, sanità, affitti, ambiente. In autunno annuncia “un programma di formazione politica di cui c’è fame e bisogno, una fondazione per creare un luogo di apertura ai saperi” e poi segreterie più frequenti, raccordo fra partito e gruppi parlamentari, nuove forme di trasmissione di contenuti e battaglie”.

Si apre una nuova fase in vista delle elezioni europee con un partito che non può rincorrere alleati più o meno scomodi, ma piuttosto fissare un programma con chi ci sta. Quanto al rapporto con i 5 stelle dice: «Le distanze sulla guerra in Ucraina sono enormi, ma non sulla lotta alla povertà». Cita passi di canzoni e cantautori della sua generazione. “Costruire”, una canzone di Niccolò Fabi che dice “tra la partenza e il traguardo, in mezzo c’è tutto il resto”, Daniele Silvestri con le “4850 Cose in comune” tra i membri del “suo” direttivo, e infine Diodato. «Se i nostri elettori ci chiedessero di dedicare loro una canzone sarebbe “Fai Rumore”. Anziché di fare rumore e fare canto e controcanto interno, proviamo ad andare su ciò che ci unisce».

«L’agenda Pd», annuncia, «punta su una visione di paese che deve partire dal fatto che faremo opposizione senza sconti al governo Meloni». Duro l’affondo contro quest’ultimo. «È un esecutivo all exlsusive: aumenta l’esclusione sociale, calpesta le opposizioni, le esclude dall’informazione, ma vuole l’esclusiva sulle leve del governo e si arroga pure il diritto di decidere per noi, di cosa può o non può parlare l’opposizione, addirittura chi deve guidarla». Fra le battaglie da affrontare quella sull’autonomia differenziata, la secessione del Nord che spaccherà il paese.

In questo contesto si inserisce la Puglia con la sua mozione in consiglio regionale che sarà portata a modello nelle altre regioni. «Il lavoro da fare è imponente», sottolinea il segretario pugliese Domenico De Santis, «prima di tutto dobbiamo riconquistare la credibilità politica, costruendo un nuovo gruppo dirigente ad ogni livello. Un partito plurale che tenga insieme diritti civili e sociali, il diritto al lavoro e la crescita economica, lo sviluppo delle imprese e la dignità dei lavoratori al Nord come al Sud».

«Nelle scorse settimane ho ascoltato una discussione surreale sulle amministrative. Si è aperto il solito gioco del tiro al piattello contro il segretario nazionale. In Puglia abbiamo vinto le amministrative, conquistando 4 grandi comuni in più rispetto alle precedenti elezioni e 9 comuni inferiori in più», prosegue. «È stata una larga vittoria, con il Movimento 5 Stelle, la Sinistra e le liste civiche, ma il merito è stato solo in piccola parte mio e dei segretari provinciali attuali, in buona parte è di chi mi ha preceduto, in primis Marco Lacarra e i segretari provinciali uscenti», sottolinea. «Se questo è vero in Puglia, è vero anche sul piano nazionale. Come si è potuto pensare che in soli due mesi la nuova segretaria potesse rivoluzionare il Pd, costruire una coalizione e vincere le elezioni?».

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