I fondi per lo sviluppo e la coesione destinati al Sud sono al centro da mesi di un durissimo scontro politico fra il ministro Fitto ed il governatore Emiliano.
Fitto lamenta il mancato invio dei dati di spesa del Patto per la Puglia ed insieme alla mancata certificazione un uso distorto degli aiuti. Emiliano il blocco arbitrario delle risorse a dispetto delle grandi performance sull’uso dei fondi comunitari da parte della regione Puglia. Una battaglia senza esclusione di colpi in cui prevale la polemica politica a discapito del merito della questione.
Chi ha ragione? Difficile stabilirlo in senso assoluto, ma proviamo a fare chiarezza sul quadro attuale degli Fsc. Il cosiddetto patto per la Puglia fu approvato nel 2016 nell’ambito di una solenne cerimonia in fiera del Levante alla presenza dell’allora presidente del consiglio Gentiloni.
Un piano faraoinico con una dotazione di 2,1 miliardi di euro e, all’epoca, un elenco di opere strategiche in vari settori fra cui infrastrutture, trasporti, acqua, ecc. Di quel tesoretto iniziale la Puglia in sette anni di programmazione ha speso il 48% delle risorse contro una media nazionale del 20%. In totale risultano impiegati 972 milioni di euro spalmati su dodici assi tematici.
Gli incentivi alle imprese hanno fatto la parte del leone con la distribuzione di 414 milioni di euro, l’85% della dotazione iniziale, destinati a nuove aperture, ampliamenti, ristrutturazioni, attrazione di investimenti esteri. La seconda voce di spesa riguarda la lotta alla disoccupazione con 181 milioni di euro spesi per attivare corsi di formazione professionale, stage aziendali, rivolti fra gli altri a cassintegrati, infermieri, con aiuti mirati anche per anziani e disabili. A seguire i Trasporti che hanno drenato circa 113 milioni di euro, un terzo del plafon assegnato alla Puglia, utilizzati per costruire nuove strade, ferrovie, infrastrutture, acquisto di autobus e treni.
Per la voce ambiente, invece, la Puglia ha speso poco meno di 79 milioni di euro, solo un quinto delle risorse vicine al mezzo miliardo di euro. Fra i progetti avviati la messa in sicurezza discariche pericolose, la realizzazione della fogna bianca in una cinquantina di comuni. Le altre otto misure del patto per la Puglia hanno registrato spesa da 2,5 milioni a 57 milioni di euro. Spiccano, fra gli altri, progetti di ricerca per l’Università del Salento, la Farmalabor di Canosa, la Fondazione centro mediterraneo di Lecce, quest’ultima in grado di avviare un progetto di sviluppo da circa cinque milioni di euro. Nel settore della sanità il rilevante intervento da 15 milioni di euro per realizzare un nuovo sistema di radiocomunicazione affidato al 118.
Sul fronte della cultura, uno dei capitoli finiti sotto la lente del ministro Fitto, i finanziamenti a pioggia ad associazioni, festival, iniziative locali e fra i più grossi sostegni figura quello da quattro milioni di euro girato al teatro pubblico pugliese per l’organizzazione di spettacoli, concerti ed eventi nei 67 comuni del circuito. Restano da spendere la metà delle risorse iniziali del Patto per la Puglia. Ad oggi circa un miliardo e 100 milioni di euro che non hanno scadenza o limiti come i fondi strutturali. Come dire che la Regione Puglia potrebbe decidere di utilizzarli a suo piacimento a condizione, però, che sia d’accordo il ministro per il Sud Fitto.