I rumor intorno a Palazzo Chigi da giorni sono concentrati sul cosiddetto “lodo Meloni”, ovvero l’escamotage trovato dalla presidente del consiglio in pectore per spegnere tutte le insistenze del leader della Lega, Matteo Salvini, sul ministero degli Interni: “nessun ministro che abbia già ricoperto lo stesso ruolo”, è il tracciato spiegato a colleghi di partito e di coalizione. Se la regola di Meloni dovesse essere applicata, con ogni probabilità potrebbe essere estesa anche ai sottosegretari. A quel punto, Francesco Paolo Sisto dovrebbe uscire da via Arenula e rinunciare così al posto che occupa ora di sottosegretario al ministero di Grazia e Giustizia.
Un’eventualità che chiuderebbe le porte del governo all’avvocato barese e parlamentare di Forza Italia, a meno che non si inventi una versatilità per nuovi ministeri, che possa confermarlo, smorzando quindi i desiderata di altri parlamentari azzurri pugliesi, a partire dal coordinatore regionale, Mauro D’Attis. Nel frattempo crescono le quotazioni di Raffaele Fitto al ministero per gli affari europei: un’ambizione legata soprattutto alla gestione dei progetti del Pnrr e del nuovo pacchetto di fondi strutturali. Anche Marcello Gemmato, luogotenente di Meloni in Puglia, vista l’ascendenza della generazione Atreju, è al lavoro per entrare nei ranghi dell’esecutivo.
Il cronoprogramma per il primo esecutivo retto da una donna procede spedito e in sintonia con Draghi. Meloni vuole far presto. Così, secondo calcoli che circolano tra piazza Colonna e Quirinale, dopo che giovedì 13 si saranno insediate le Camere con l’elezione dei rispettivi presidenti, uno alla Lega e uno a Forza Italia, il capo dello Stato già sabato 15 ottobre potrebbe aprire il salone della vetrata e dare inizio alle consultazioni, che, secondo i ritmi di Mattarella, dovrebbero portare ad affidare l’incarico alla leader di Fratelli d’Italia lunedì 17. Così, visti i presupposti nel centrodestra di raggiungere intese purché siano, Meloni potrebbe giurare il 19 e subito dopo scambiare la campanella con Mario Draghi nell’ufficio di presidente del consiglio dei ministri al primo piano di Palazzo Chigi. Se così dovesse essere, la nuova premier il giorno dopo volerà a Bruxelles per partecipare al consiglio europeo, dove avrà il suo battesimo internazionale e dove dovrà sostenere una linea che non potrà essere poi così diversa da quella di chi l’ha preceduta.