Non cambia la composizione del Consiglio regionale pugliese: la maggioranza resta con 27 seggi al posto dei 29 assegnati nel 2020 dopo le elezioni, mentre la minoranza sale da 21 a 23.
La parola fine su una lunga serie di ricorsi e contro ricorsi elettorali l’ha messa il Consiglio di Stato che ha rigettato tutte le istanze di revisione del precedente verdetto del Tar Puglia.
In concreto l’opposizione della regione Puglia guadagna in via definitiva l’ingresso dei consiglieri regionale Antonio Scalera e Vito De Palma subentrati agli eletti del centrosinistra Mario Pendinelli e Giuseppe Longo deceduto alcuni mesi fa. De Palma, fra l’altro, ancora sub iudice per un posto in parlamento dopo l’elezione dello scorso 25 settembre oggetto di ricorso da parte del collega candidato di Forza Italia Francesco Lanotte.
Tornando al verdetto finale il Consiglio di Stato ha confermato in pieno la sentenza di primo grado riunendo tutte le pendenze fra cui i ricorsi incidentali, quello dei consiglieri regionali Pd Michele Mazzarano e Ruggero Mennea, ma anche del loro collega salentino Carmelo Grassi estromesso dal giudizio in quanto non s’era costituito entro i termini di legge insieme all’altro consigliere Marcello Lanotte e alla regione Puglia che aveva fatto opposizione alla sentenza sfavorevole di primo grado.
In concreto, la seconda sezione del Consiglio di Stato, presidente Stefano Filippini Giancarlo Luttazi, ha chiarito in via definitiva il rebus del premio di maggioranza. In particolare risolvendo il quesito sul calcolo della cifra elettorale. Nel computo finiscono tutti i voti validi espressi o solo quelli delle liste che hanno superato lo sbarramento del 4%. Un interrogativo non da poco se si considera che alle scorse regionali non hanno superato l’asticella una decina di raggruppamenti civici per oltre 100 mila voti.
La legge elettorale pugliese, scrivono i giudici, prevede tre fasi: individuazione del candidato Presidente vincitore, assegnazione dei seggi proporzionali e, terzo passaggio, distribuzione dei posti col sistema maggioritario. Un procedimento spacchettato, ma al tempo stesso unitario in cui le soglie di sbarramento si applicano subito dopo l’elezione del presidente (in questo caso il governatore Emiliano che superò il 40% dei consensi). Un gruppo, infatti, prende seggi solo se supera la soglia d’ingresso. Di qui il calcolo della cifra elettorale determinata non dalla somma dei voti validi di tutte le liste, come sostenevano i ricorrenti, ma solo delle schede ottenute dalle liste ammesse al riparto.
Ragionamenti contorti per arrivare a dare un senso logico al “papocchio” rappresentato dalla legge elettorale regionale. Interpretando il senso originario attribuito dal legislatore pugliese, il premio di maggioranza non viene dunque attribuito al candidato presidente che supera il 40%, ma alle liste che nel sostenerlo sono riuscite a superare la soglia minima di rappresentatività. E così finalmente, dopo due anni, si è riusciti a dare un volto ed un nome ai 51 eletti di via Gentile.