Cresce giorno dopo giorno, all’interno del Partito democratico, il fronte per il sì al referendum sulla giustizia in programma il prossimo 12 giugno. L’ultimo a schierarsi per il voto favorevole ai cinque quesiti è il consigliere regionale Fabiano Amati, tra i promotori di “Democratici per il sì”, un comitato promosso da iscritti al Pd e aperto a tutti i democratici favorevoli all’abrogazione del decreto Severino, alla separazione delle funzioni tra giudici e pm, ai limiti all’abuso della custodia cautelare, all’equa valutazione dei magistrati e alla riforma del Csm.
«Con il sostegno al sì assumiamo una posizione accordata con i valori della giustizia, della libertà e del garantismo penale per sostenere, attraverso l’esito favorevole del referendum, riforme più coraggiose – spiega Amati – Il più incrostato problema del nostro Paese è l’amministrazione della giustizia ma, per quanto ciò sia riconosciuto da tutti i cittadini e da tutti gli operatori, l’arma riformatrice si rivela sempre spuntata per motivi d’ingiustificata timidezza o soggezione, riducendo le uniche possibilità radicalmente innovative alla spinta della legislazione europea o referendaria».
Con Amati, dunque, si amplia il fronte per il sì interno al Pd. Prima del consigliere regionale pugliese era stato il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, a dirsi favorevole a tutti i quesiti. I parlamentari Enrico Morando e Stefano Ceccanti, invece, si erano apertamente schierati per il sì a tre quesiti su cinque, ritenendoli in linea «con il lavoro parlamentare che ha portato all’approvazione, da parte della Camera, del disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario e del sistema elettorale del Csm».
Insomma, quella interna al Pd è una sollevazione piuttosto rumorosa sebbene, almeno per il momento, “pacifica”. Sul referendum, infatti, il segretario nazionale Enrico Letta era stato chiaro: il partito è contrario al referendum, ma sui cinque quesiti lascia libertà di coscienza ai propri esponenti. La presa di posizione del segretario non è bastata, però, a evitare che il fronte del sì crescesse giorno dopo giorno attraverso l’adesione anche di esponenti dem di primo piano quali i parlamentari Salvatore Margiotta, Goffredo Bettini e Andrea Marcucci. Quest’ultimo, in particolare, voterà sì anche al quesito al quale il partito di via del Nazareno si è opposto e continua a opporsi con più forza, cioè quello sulla carcerazione preventiva. Il dibattito sul referendum, dunque, sta evidenziando le contraddizioni interne al Pd: una situazione che rischia di deflagrare di qui al 12 giugno.