Dario Damiani, senatore, capogruppo di Forza Italia in Commissione Bilancio, da tempo segue la questione dei ristori, mai ricevuti, di decine di migliaia di piccoli risparmiatori, per lo più pugliesi, dell’ex Banca Popolare di Bari. Clienti di quella che fu la banca della famiglia Jacobini, che si ritrovarono nel volgere di pochi anni con centinaia o migliaia di azioni il cui valore era crollato da 9.50 euro a 2,38 per azione. Oggi valgono 0,06. In pratica impossibile comprarle o venderle.
Senatore Damiani, se non fosse per i suoi aspetti quasi drammatici, la storia dei ristori ai piccoli azionisti della ex Banca Popolare di Bari, assume i risvolti di una farsa. Comunque, al di là di questa considerazione ritiene che la soluzione possa essere più vicina?
«Ma sicuramente. Con quanto fatto in queste ore con un emendamento, con delle interlocuzioni avute con il Governo in maniera seria, quindi con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, diciamo che abbiamo sfondato un portone. Abbiamo posto il tema sul tavolo del Governo, l’ho fatto io come relatore della manovra finanziaria e il presidente del gruppo parlamentare dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri. Poi abbiamo posto questa situazione in Commissione banche e lì c’è il nostro collega senatore Zanettin che è il presidente e ci sono anche altri rappresentanti di partiti pugliesi in quella Commissione. Noi di Forza Italia abbiamo chiesto che sia una priorità da affrontare a gennaio. La questione va studiata in maniera più profonda, è un po’ diversa dalle situazioni venete».
Senatore, per quale motivo ritirare quell’emendamento che collegava i piccoli azionisti al FIR (Fondo indennizzo risparmiatori)? Quello poteva essere invece un aggancio per poter finalmente ristorare i piccoli azionisti.
«Il FIR nasce a suo tempo, per ristorare tutti quegli azionisti di banche fallite. Quindi le venete all’epoca, le famose quattro venete, quelle sono completamente fallite. La Popolare di Bari è stata invece assorbita e ha avuto una trasformazione, quindi c’è una situazione diversa, però sempre di risparmiatori truffati si tratta. Indipendentemente dalla differenziazione rispetto al caso Veneto, sono sempre risparmiatori che hanno subito un’ingiusto depauperamento delle loro azioni».
Ma rimandando tutto a dopo l’approvazione della manovra non c’è il pericolo che si allunghino ancora i tempi e che questo risarcimento vada finire nel dimenticatoio?
«No, non non c’è questo pericolo, non andrà a finire nel dimenticatoio perché l’abbiamo posta noi, un partito di maggioranza. Noi stiamo al governo, quindi continueremo e chiederemo un incontro direttamente al Ministro dell’Economia e al Ministro Giorgetti che conosce anche questa situazione, però gliela porteremo proprio sul tavolo».
Cristiano Carrus, amministratore delegato della Banca del Mezzogiorno ha detto esplicitamente che lui con i risarcimenti dei piccoli risparmiatore non ha nulla a che vedere. Allora da un lato BDM non fa nulla, dall’altro nessuna possibilità di attingere al FIR, i rischi per i piccoli azionisti sono alti non crede?
«Ma no, la Banca del Mezzogiorno è al 98% di proprietà di Mediocredito Centrale. Quindi l’operazione che deve essere fatta deve essere un’operazione simile al discorso del FIR, cioè trovare diciamo 80 milioni di euro per poter ristorare. Quello su cui noi puntiamo è che ci sia un impegno del Governo, quindi risorse messe appunto dal Governo. Vediamo nel prossimo anno come riuscire eventualmente a individuarle, a trovarle e risolvere questa situazione».
Ma secondo lei la Banca del Mezzogiorno, in qualche maniera ci deve entrare in questo risarcimento?
«Oggi c’è un altro soggetto. Noi oggi come politica dobbiamo cercare e trovare una soluzione, perché queste famiglie sono state ingiustamente trattate».
Ma a quanto ammonterebbe un giusto ristoro? C’è chi parla di 500 milioni di euro.
«Allora, innanzitutto dobbiamo fare un lavoro di quantificazione e capire quale può essere un’ipotesi, non dico di rimborso totale, ma almeno oggi a distanza di anni di un rimborso che dia almeno a queste persone un minimo di dignità».
Un altro argomento caldo è quella della possibile messa sul mercato di Bdm. E e fra l’altro lei ha sentito Minotti, ad del Mediocredito Centrale. Si tratta soltanto di voci?
«Sulla questione sono intervenuto anche io a suo tempo perché il ministro Giorgetti si era lanciato in qualche affermazione. Certo le sue azioni dovranno andare sul mercato. Però al momento questa cosa non è sul tavolo del Governo.
Quando se ne parlerà, come Forza Italia, noi saremo al tavolo a discutere con col Ministro. Quindi diciamo, comunque non è una decisione unilaterale, dovrà essere condivisa con le forze politiche di maggioranza e Forza Italia deve stare a quel tavolo».
Anche perché ci sono 2000 lavoratori che sono preoccupati. Si parla sempre più spesso di vendita di immobili della ex Banca Popolare di Bari. Cosa può dire?
«Non so nulla perché penso sia un’operazione immobiliare della Bdm che sta razionalizzando una serie di di sedi non più operative da quello che che che vedo e sento. E’ una questione gestionale della banca in cui non entro».