Ex Ilva, Turco contro il governo: «Vogliono una bomba ecologica». E i sindacati chiedono un cambio di gestione

Situazione incandescente nel siderurgico. I sindacati, dopo le nuove comunicazioni di cassa integrazione da parte di Acciaierie d’Italia, chiedono al governo un cambio di passo nella governance dell’acciaieria più grande d’Europa. Il senatore del M5S Mario Turco va all’attacco del governo sul caso del siderurgico.

Ieri in aula si è discusso dell’interrogazione a firma del parlamentare tarantino sul destino produttivo, ambientale e sanitario di Taranto. L’interrogazione mirava in particolare a conoscere i contenuti del riesame dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia), in scadenza il prossimo 23 agosto, rilasciata nel 2012 e già più volte prorogata nel 2013, 2015 e infine nel 2017, per ritardi e inadempienze.

Nel testo si chiedeva al governo di condizionare il rilascio della nuova Aia ad una nuova e preventiva valutazione dell’impatto ambientale e sanitario. Le risposte del governo non hanno soddisfatto il senatore pentastellato, secondo il quale l’altoforno 2, appena riavviato in fabbrica, diventa un inceneritore e l’acciaieria continuerà ad andare avanti col carbone. «Oggi – dice Turco – abbiamo avuto la riprova che i ministri Urso, Pichetto Fratin e Schillaci, riguardo all’ex Ilva di Taranto, stanno operando nel più totale menefreghismo rispetto alla salute dei lavoratori e dei cittadini. Al Senato non sono arrivate risposte alla mia interrogazione. Per il momento sappiamo soltanto che il documento di sintesi “non tecnica” di questo riesame disegna un quadro disarmante per il futuro del sito produttivo, che prevede la riattivazione dell’altoforno 5 (il più grande d’Europa), il rifacimento dell’altoforno 3 e il suo riavvio, la riattivazione di due ulteriori batterie di cokeria che dovevano essere dismesse, e a seguire, come ciliegina sulla torta, la trasformazione dell’altoforno n. 2 in un vero e proprio inceneritore nel quale si prevede di bruciare persino materie plastiche e polimeri, fino a 60mila tonnellate all’anno».

Per Turco, insomma, «il nuovo corso dell’ex Ilva targato Meloni è all’insegna dell’inquinamento a gogo, altro che transizione green. Il governo Meloni vuol trasformare l’acciaieria più grande del Paese in una bomba ecologica. Nell’impunità più assoluta. Urge un accordo di programma che preveda la chiusura delle fonti inquinanti sequestrate dalla magistratura, e adeguate tutele a favore dei lavoratori, delle imprese dell’indotto, del territorio, così come risorse per il risanamento ambientale». Inoltre, rileva Turco, nella nuova richiesta di Aia «la parola decarbonizzazione non compare da nessuna parte, così come non esiste il riferimento ai forni elettrici con preridotto, nonché all’idrogeno per produrre acciaio verde». Valerio D’Alò, segretario nazionale della Fim Cisl, ritiene «inaccettabile e incomprensibile l’atteggiamento dei massimi livelli aziendali».

«Pensavamo di riprendere il dialogo sui temi del lavoro, ma a pochi giorni dalla ripartenza di altoforno 2, i lavoratori tornano ostaggio di una gestione fuori controllo. Anziché ridurre i numeri dei cassaintegrati con la risalita della produzione, aumentano e questo senza nemmeno avvisare i lavoratori e le organizzazioni sindacali». I sindacati sono pronti a mettere in piedi nuove iniziative di mobilitazione. Anche Antonio Spera, segretario di Ugl Metalmeccanici critica le azioni «contraddittorie e unilateriali» dell’azienda e chiede al governo di aumentare la quota di partecipazione dello Stato e di intervenire in tempi rapidissimi attraverso il cambio della governance aziendale.

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