«Non ci sono errori di sorta da parte mia rispetto ai casi Maurodinoia e Pisicchio». Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, nel corso della trasmissione di La7 Tagadà, rispondendo a una domanda della conduttrice Tiziana Panella sulle inchieste degli ultimi mesi in Puglia.
«Alla prima non vengono contestati episodi legati alla giunta, ma fatti prevalentemente del marito (per quello che ho potuto capire) che lei subisce per relationem», ha aggiunto il governatore pugliese evidenziando che «peraltro non ha misure cautelari, è un’indagine puramente conoscitiva in questa fase. Ciononostante si è dimessa immediatamente e devo dire che è stata ineccepibile, non posso che ringraziarla».
La vicenda che riguarda Alfonsino Pisicchio, invece, «era un po’ più complessa», ha affermato Emiliano spiegando che «questa indagine era nota dal 2020, riguardava un vecchio assessore della prima giunta, quindi non avevo confermato questo assessore nella giunta del secondo mandato. Non lo avevo coinvolto nell’amministrazione. L’ho tenuto a bagnomaria per tre anni, poi lui mi ha detto che la questione si era risolta, in realtà poi non era così. Quando mi sono accorto che non lo era, l’ho revocato. Poi ci siamo incrociati sulle misure cautelari che lo hanno riguardato ancora una volta non per fatti commessi nella veste di assessore. Erano questioni sue, dalle quali mi auguro venga assolto ma che non riguardano la giunta su cui io devo svolgere vigilanza. Non credo di aver fatto errori».
Il racconto sulla sorella del boss
Il presidente della Regione Puglia è tornato anche sul racconto fatto dal palco della manifestazione “Bari non si tocca” quando riferì di aver portato l’allora assessore Decaro a casa della sorella di un boss della Città Vecchia.
«Noi eravamo su quel palco perché un gruppo di parlamentari del centrodestra, che qui non vincono le elezioni da 20 anni e che dai sondaggi sono dati per perdenti, era andato dal ministro dell’Interno per spingere per lo scioglimento per mafia del Comune di Bari e mi era parso il caso di spiegare cosa fosse successo a Bari, in che modo l’amministrazione comunale prima con me e poi con Decaro sindaco aveva iniziato un percorso di restituzione della libertà alla città intera con un’azione antimafia senza precedenti nella storia d’Italia», ha spiegato Emiliano.
«È quello che ho raccontato alla commissione antimafia», ha aggiunto, sottolineando che «in un comizio, l’infortunio professionale di dire una cosa non perfetta può capitare e a me è capitato. Però si sono molto impegnati a cambiare il senso delle cose che avevo detto, perché tutta l’Italia ha davanti ai suoi occhi il cambiamento di Bari Vecchia e quella storia non sta in piedi».
Emiliano ha ribadito che «chi conosce la realtà delle città del sud, sa bene che fare il sindaco a Bergamo, Vicenza o Bologna è una cosa, farlo a Bari, Napoli o Salerno è diversa. Io – ha proseguito – nel 2004 arrivavo a fare il sindaco direttamente dalla Dda di Bari della quale avevo fatto parte per anni. Avevo arrestato a Bari Vecchia centinaia di persone e quindi probabilmente il popolo barese mi aveva eletto anche per questa caratteristica: ero una di quelle persone che per addestramento professionale non si spaventava, aveva una capacità di interlocuzione e di conoscenza di quel contesto. Oggi la Città Vecchia è un posto in cui fino alle 4 di mattina le bellissime ragazze e turiste girano liberamente senza problemi, allora era un posto off limit per chiunque. Anche polizia e carabinieri avevano problemi a entrarci. A me venne l’idea di fare la Ztl, che aveva un doppio scopo: riordinare le strade di Bari Vecchia intasate abusivamente e, dall’altra parte, avere telecamere su tutti i varchi di entrata e uscita, per avere un controllo. Questa cosa suscitò una reazione popolare non solo dei criminali, che pure c’erano, ma anche della popolazione residente, che di fronte a un cambiamento si irritò».
In quel momento, ha proseguito Emiliano, «l’allora assessore Decaro, che era un ragazzo di 32 anni sconosciuto, dovette fronteggiare molte situazioni di difficoltà e io non l’ho mai lasciato solo: tutte le volte che ci sono stati problemi, facevo in modo di fare una passeggiata con lui dove si erano verificati per chiarire che lui non era un ragazzo o un assessore, ma era la stessa cosa del sindaco, che allora era una personalità riconosciuta. La signora mi conosceva bene perché avevo fatto condannare il fratello all’ergastolo. In quella piazza, in cui quella famiglia aveva quasi tutte le case che poi abbiamo confiscato, ci furono problemi per l’installazione di questi impianti. In un’occasione è successo che io abbia parlato con questa signora cercando di capire in che modo potesse comprendere che l’aria era cambiata, perché era diventato sindaco uno dei magistrati di punta della Dda. Questo è il fatto, che forse avrei dovuto spiegare meglio. C’è stato qualcuno che ha pensato io fossi andato a chiedere la protezione di una persona il cui fratello avevo fatto condannare all’ergastolo: è un’inversione della verità».
E poi ha ribadito: «Se c’era Decaro? Può darsi che io abbia fatto confusione, è un fatto che ho raccontato decine di volte e che forse ho memorizzato in maniera diversa da come è realmente accaduto. Il sindaco si è per esempio ricordato che lui aveva avuto dei problemi con dei ragazzi, che lo avevano aggredito verbalmente e che lui mi indicò quei ragazzi, che affrontai dicendo loro la stessa cosa che dissi a quella signora. Io per quella gente, già da prima, ero lo sceriffo. Poi compresi che con misure cautelari, carabinieri e misure di prevenzione non si arrivava a una conclusione: avevamo arrestato centinaia di persone, ma Bari Vecchia quella era e quella era rimasta. Allora mi venne la balzana idea di fare il sindaco e lì il metodo cambia, non può essere lo stesso. Si va a costruire una comunità facendo evolvere tutti quelli che erano disponibili a evolversi. Chi non voleva farlo, ci rimetteva le penne, perché io non facevo sconti a nessuno».