Elezioni, parla Quagliariello: «Basta candidati senza territorio»

«La scelta dei candidati deve rispondere a logiche di attinenza territoriale». Così si esprime il senatore Gaetano Quagliarello, esponente di Noi moderati, sulla decisione di non accettare la candidatura nel collegio “blindato” di Salerno.

Senatore, aveva a disposizione un collegio sicuro per tornare in Parlamento e ha rinunciato. Perché?

«I collegi sono una cosa seria. Ho interpretato con un approccio fortemente territoriale il mio mandato da senatore eletto nell’uninominale e ritengo che un collegio non possa essere semplicemente un luogo per andare a Roma. Ho preferito mettere a disposizione del partito il posto che mi era stato offerto a Salerno, anche per dare un segnale contro quei ‘centrini’ vecchia maniera che sembrano uffici di collocamento».

Non è vera la voce di un veto della Lega con l’accusa di aver sostenuto Conte?

«Assolutamente no. Il fatto che avessi a disposizione un collegio lo dimostra. Io, tra l’altro, Conte non l’ho mai sostenuto, nonostante l’offerta di un ministero».

Il collegio al quale ha rinunciato si trova a Salerno, città alla quale la sua famiglia non è estranea. Perché non ha ritenuto che vi fosse legame con la sua attività? Chi si candiderà al posto suo?

«Parto dalla fine: Pino Bicchielli che è stato uno dei miei collaboratori più fidati e ha retto le sorti organizzative del partito. Si occupa della Campania e per di più è di Salerno. Guardi, Salerno è la città dei miei avi. Nel centro storico c’è una lapide a Gaetano Quagliariello, mio nonno putativo di cui porto indegnamente il nome, definito “ultimo figlio della civitas hippocratica”. Mi fa venire i brividi ogni volta che la leggo. Tutto ciò mi porta ad avere pudore e rispetto e a non considerare una terra che mi ha dato i natali come terra di conquista».

Si è a lungo parlato di “grande centro” e invece alla fine ci saranno in campo diversi “centri”, non solo la vostra lista…

«Noi potevamo essere due cose: il centro del centrodestra o il centrodestra del centro. Avevamo sempre detto che avremmo privilegiato la nostra coalizione di provenienza, se essa avesse riconosciuto la necessità di dare uno spazio all’area centrale, cosa che in effetti è avvenuta. Anche perché, sull’altro fronte, costruire il centro non può significare stare appresso agli umori cangianti. Non è esattamente un comportamento da “moderati”».

Voi avete riconosciuto Giorgia Meloni come capo della coalizione. Lei per chi farà campagna elettorale? Questo dato non rischia di ridurre lo spazio per l’area centrale dello schieramento?

«Farò campagna per il mio partito, per la lista Noi moderati alla quale abbiamo aderito, e dunque per la coalizione guidata da Meloni. La quale – gliene va dato atto – ha compreso l’esigenza di rafforzare il centrodestra sul suo versante centrale e si è adoperata a questo scopo».

Non ha avuto dubbi dopo aver visto che quasi tutti i partiti hanno paracadutato candidati eccellenti lontano dai territori di pertinenza?

«Non mi permetto di giudicare ma, come ho già detto, credo che la scelta dei candidati nei collegi uninominali debba rispondere a logiche di attinenza territoriale. Che non è un dato anagrafico, come dimostra il mio caso, ma una questione di attività, di contenuti e di radicamento».

In caso di vittoria del centrodestra la troveremo al governo?

«Continuerò a fare politica nel mio partito e potenzierò l’attività della fondazione Magna Carta. Intanto le elezioni pensiamo a vincerle».

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