Nel suo secondo giorno in Capitanata, Giuseppe Conte ha serrato le righe del M5s e rimarca l’alleanza con il centrosinistra in Regione Puglia. «La nostra posizione è molto chiara – afferma -. Quando prendiamo l’impegno con i cittadini, non con le singole persone, non con un leader, non con i migliori dei migliori, li manteniamo». È più complesso il discorso con il Pd quando da Bari ci si sposta a Roma.
Presidente, il suo governo è stato quello che ha trattato in Europa il Next Generation Eu. La crisi energetica e i rincari stanno mettendo in grande difficoltà famiglie e imprese, soprattutto al Sud. Basterà il Pnrr a fare ripartire l’economia o le risorse, pensate quando l’unica incertezza era legata alla pandemia, non sono più sufficienti?
«Il Next Generation Eu è stato un risultato fondamentale per l’Italia, abbiamo saputo battere i pugni sul tavolo e farci ascoltare obbligando così l’Europa ad agire come dovrebbe fare una vera comunità: aiutandosi a vicenda e remando tutti dalla stessa parte. Per prima cosa il Pnrr va realizzato correttamente e i soldi vanno usati tutti, in maniera trasparente ed efficace. Alla luce di questa grave crisi economica, però, dovremo dare ai cittadini italiani ulteriori soluzioni. A partire dal lavoro: vogliamo un vero salario minimo garantito, di 9 euro l’ora. Vogliamo stabilizzare gli sgravi alle imprese realizzati con la “decontribuzione Sud”: durante il governo Conte II questa misura, unitamente agli aiuti per le assunzioni dei giovani under 35 e delle donne, ha consentito l’assunzione di 1,8 milioni di persone. Intendiamo inoltre stabilizzare il Superbonus, che ha generato più di 600 mila posti di lavoro e fatto conseguire ingenti risparmi energetici».
Il centrodestra spinge nel suo programma verso l’applicazione dell’autonomia differenziata, una riforma che allarma gli amministratori meridionali. Qual è la posizione del Movimento Cinque Stelle? Sono conciliabili maggiori deleghe alle regioni con la necessità di accorciare i divari e le disuguaglianze territoriali?
«Mi sembra che il centrodestra sull’autonomia non abbia una posizione unitaria, ci sono diversi distinguo al suo interno. Come spesso accade appaiono compatti, ma se si vanno a guardare nel dettaglio le posizioni di ciascun partito, dicono cose diverse tra loro. L’Autonomia è un progetto realizzabile solo a patto che vengano rispettate alcune premesse fondamentali. Per prima cosa lo Stato ha il dovere di garantire gli stessi diritti e servizi ai cittadini su tutto il suo territorio nazionale e sappiamo che oggi non è così, perché esistono ancora forti squilibri tra il Nord e il Sud. Per cui, se davvero vogliamo valutare l’attribuzione alle regioni di ulteriori competenze, prima vanno definiti i livelli essenziali delle prestazioni e quindi va rafforzata, e non indebolita, la coesione sociale».
Le bollette che stanno arrivando a famiglie e imprese rischiano di affossare ogni aspettativa di ripresa. Il protrarsi della guerra in Ucraina, inoltre, lascia presagire un autunno molto complicato nell’approvvigionamento energetico. Ci sono le condizioni, con l’attuale stato dei conti pubblici, per un massiccio scostamento di bilancio per aiutare chi non riesce a pagare?
«Ritengo che ci siano assolutamente e che sia una necessità improrogabile. Lo dico ricordando che quando ero presidente del Consiglio, durante l’emergenza pandemica, nel 2020 per aiutare cittadini e imprese ho fatto 5 scostamenti per 100 miliardi di euro, che hanno non soltanto protetto il tessuto socio-economico, ma consentito poi nel 2021 una crescita record del Pil del +6,6%. Servono quindi subito ingenti risorse fresche. Oltre allo scostamento di bilancio, stiamo chiedendo a gran voce al governo di recuperare i 9 miliardi di extraprofitti che mancano inspiegabilmente all’appello. Sempre sugli extraprofitti siamo stati chiari: la tassa va estesa anche alle aziende farmaceutiche e alle compagnie di assicurazione, dal momento che durante il Covid queste realtà hanno visto crescere enormemente i loro utili».
La Puglia è la prima regione in Italia per produzione di energia rinnovabile. Porta nel cuore, però, anche una ferita ambientale che attende di essere rimarginata: l’ex Ilva di Taranto. Il M5s aveva sposato la linea della chiusura delle fonti inquinanti. Pensa che una volta applicati tutti gli interventi previsti dal Piano Ambientale questo obiettivo sarà raggiunto?
«L’Italia deve puntare massicciamente sulle energie rinnovabili, non solo per tutelare l’ambiente e contrastare il cambiamento climatico, ma perché rappresentano un’opportunità unica di crescita per imprese, lavoratori, professionalità. Rispetto all’ex Ilva, confermo che siamo favorevoli alla chiusura delle fonti inquinanti. Chiaramente un intervento di queste dimensioni deve necessariamente avvenire attraverso un percorso, già avviato e che va rafforzato e portato a compimento. A Taranto, oltre ad aver eliminato lo scudo penale, abbiamo evitato che i 570 milioni destinati alle bonifiche venissero trasferiti all’attività produttiva. Ora bisogna proseguire con ulteriori azioni, a partire dall’introduzione della Valutazione integrata di impatto Ambientale e sanitario e dalla la revisione dei limiti degli inquinanti. Al contempo andrà sostenuto e tutelato il grande sistema dell’indotto che gravita intorno all’acciaieria e dovremo realizzare un progetto di riconversione economica, sociale e culturale del territorio».
Alle scorse politiche a Taranto il M5s aveva vinto in tutti i collegi, eleggendo cinque parlamentari. Oggi l’unico ad essere rimasto nel Movimento è il senatore uscente e ricandidato Mario Turco. Come se lo spiega?
«Preferisco parlare di chi resta, di chi per cinque anni ha lavorato per il Paese e nel solo esclusivo interesse dei cittadini, piuttosto che del proprio. E Mario Turco è tra questi. Oggi il Movimento si presenta agli elettori con una nuova squadra, composta da candidati che provengo anche dalla società civile e che contribuiscono al nostro nuovo corso portando nuove competenze. Sento intorno a noi un rinnovato entusiasmo e voglia di partecipare, questi sono i presupposti migliori per fare un buon lavoro».
La Regione Puglia è stato il laboratorio politico in cui è nata l’alleanza con il Pd. Da Michele Emiliano a Francesco Boccia c’è una fetta significativa dei dem che vorrebbe ricucire un asse che potrebbe risultare determinante negli equilibri di forza del nuovo Parlamento. La scorsa settimana il presidente della Regione ha lanciato addirittura un appello alla ricostruzione del “campo largo”. Chi rema contro?
«A remare contro sono stati i vertici del Pd nazionale, nel momento in cui hanno deciso di rompere l’alleanza che avevamo cominciato a costruire due anni fa e di abbandonare il campo progressista per abbracciare la fantomatica agenda Draghi. Noi abbiamo deciso di continuare ad essere e ad agire come una forza progressista e continuiamo lungo questa strada, lavorando seriamente per combattere il precariato e le ingiustizie sociali e per tutelare davvero, e non per finta, l’ambiente».
Il reddito di cittadinanza continua ad essere al centro del dibattito di questa campagna elettorale. Al di là delle polemiche di parte è uno strumento migliorabile? Se sì, cosa cambiereste?
«È inaccettabile che si parli continuamente di modificare una misura che non è stata ancora attuata nella sua interezza, non certo per colpa del Movimento. La Puglia è un esempio virtuoso ma tra le altre regioni, 14 su 20 in mano al centrodestra, hanno finora assunto nei centri per l’impiego solo il 29% dei nuovi operatori previsti dal Piano approvato durante il Conte I. Salvini, Berlusconi e Meloni dovrebbero quindi prendersela con i loro governatori e lasciar stare chi vive ai limiti della povertà. Detto questo, senza dubbio miglioreremo questa misura nella parte sulle politiche attive del lavoro».