Elezioni comunali, l’analisi di Quagliariello: «Il centro? Per destra e sinistra è solo terra di conquista»

«I due poli guardano al centro, ma per ora si tratta di un’operazione di conquista più territoriale che politica»: lo storico Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta e più volte parlamentare e ministro, interpreta così la tendenza manifestata dalle coalizioni di centrodestra e di centrosinistra in occasione delle recenti elezioni amministrative. Anche in questa circostanza la Puglia funge da laboratorio politico: se il centrodestra è riuscito a riconquistare Brindisi “allargandosi” ad Azione e Italia Viva, il centrosinistra regionale punta a rafforzarsi federando e inglobando i moderati di Beppe Fioroni.

Presidente, tutti guardano a ex democristiani e riformisti: torna di moda il centro?
«Di tutte le stagioni del bipolarismo, questa è la più polarizzata. Il polo di centrodestra è egemonizzato da una forza di destra, idem a sinistra. Tra questi due poli c’è un territorio molto esteso che non è detto che riesca ad avere una espressione politica immediata o a esistere in modo autonomo. Di qui l’interesse dei due poli a estendersi: un’operazione di conquista territoriale più che politica».

Quindi il centro è solo terra di conquista?
«C’è una differenza tra fare politica “di centro” e fare politica “al centro”. Nel primo caso, si costruisce un’entità autonoma; nel secondo, invece, si conquista una zona nevralgica della politica dove si fanno le scelte. Quel luogo è sguarnito e occuparlo rappresenta la sfida aperta per centrodestra, centrosinistra e soprattutto per chi non si colloca nei due poli».

A Brindisi l’apporto di Azione e Italia Viva è stato decisivo per Marchionna: il modello è replicabile su scala regionale o nazionale?
«Se vuole essere protagonista, il centro deve ripensarsi. Al momento ha due problemi: uno di contenuti e uno organizzativo. Sotto il primo aspetto, mancano battaglie che portino destra e sinistra a inseguire il centro, magari su temi come demografia e riforma dello Stato. Sotto il secondo profilo, il centro deve scegliere tra una formula federativa e una centralistica, definendo in modo chiaro il proprio rapporto con i territori. Per me l’unico spazio esistente è quello per un partito federativo che, pur sulla base di alcuni principi non negoziabili, riconosca una forte autonomia alle istanze dei territori».

Sul fronte opposto a Marchionna c’è il presidente pugliese Michele Emiliano che si offre come federatore dei moderati e punta a inglobarli nello schieramento formato da Pd, M5s e civici: operazione fattibile?
«Emiliano è molto abile e, dal suo punto di vista, è logico tentare una simile operazione. Il problema è dall’altra parte, cioè per il centro: se prima non definisce i contenuti del proprio agire politico, finisce semplicemente per farsi includere in uno schieramento realizzando una mera operazione di potere».

Chi, tra destra e sinistra, ha più chance di aprirsi al centro?
«A livello nazionale, il centro è uno spazio ancora scoperto. Meloni per il momento non ha dimostrato un interesse specifico a fare politica al centro né l’opposizione si sta ponendo questo problema. Discorso diverso per Forza Italia, forza minoritaria dello schieramento di centrodestra, che guarda a ex democristiani e riformisti perché nutre la legittima ambizione di diventare il punto di riferimento di quell’area».

Quale sarà il banco di prova?
«Le europee sono un terreno molto propizio: lì contano le proposte politiche e non la collocazione negli schieramenti. Non a caso esperienze innovative come Asinello e Margherita sono state lanciate in occasione delle europee. Prima, però, il centro deve ritrovare la capacità di esprimere un protagonismo abbandonando la marginalità in cui oggi è relegato».

Oltre che le europee, in vista ci sono le regionali. Si parla di terzo mandato per i governatori: che ne pensa?
«Due mandati sono fisiologici, ma non andrei oltre per una questione di buonsenso. L’esperienza ci insegna che, al terzo mandato, il rischio di perdere il controllo del territorio e farsi colonizzare da lobby trasversali è sempre dietro l’angolo. Ecco, se avessi un amico presidente di Regione o sindaco con l’ambizione di accedere al terzo mandato gli sconsiglierei di ricandidarsi».

Ultima domanda: nel 2024 si voterà a Bari. C’è grande confusione sotto il cielo, come diceva Mao, non le sembra?
«La chiave è il rapporto tra Bari, la Puglia e i livelli politici nazionali. Antonio Decaro è stato un buon sindaco, ma non ha un erede naturale. Il centrodestra potrebbe provare a sfruttare per Bari il vento in poppa di cui gode a livello nazionale, operazione non semplice. È vero, la confusione è tanta: speriamo che, sempre come diceva Mao, sotto il cielo ci sia anche una situazione eccellente e piena di opportunità».

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