Il decreto legge 124/2003, il cosiddetto “decreto Sud”, è «dal punto di vista delle intenzioni condivisibile» ma crea un «ingorgo istituzionale e di potere». Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, in audizione alla commissione Bilancio della Camera dei deputati nell’ambito dell’esame del decreto legge che contiene disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno.
«È assolutamente logico coordinare tutte le linee di finanziamento europee, nazionali, Zes e zone interne – ha affermato Emiliano -. Ma questo lavoro è sempre stato effettuato dalle Regioni in collaborazione con il governo, senza passare dall’ingorgo istituzionale e di potere da parte della presidenza del Consiglio che non dimostra di avere strutture sufficienti alla gestione del riordino».
Il presidente della Regione Puglia ha ricordato che «è già un anno che abbiamo bloccato le linee di investimento facendo crollare Pil e produzione industriale. In Puglia 5mila aziende attendono il finanziamento che non arriva».
Il decreto legge, ha ribadito Emiliano, «non garantisce il coinvolgimento delle Regioni. C’è una concentrazione di poteri mostruoso tra Zes, Pnrr, Fsc, zone interne attraverso i cosiddetti accordi di programma quadro che sono una sovrapposizione dei patti regionali del governo Renzi che hanno avuto un risultato disastroso, soprattutto per una ragione: questi accordi hanno viste le amministrazioni centrali con una performance di efficacia nella spesa pari alla metà di quelle delle Regioni».
Il decreto Sud, per Emiliano, «non favorisce la spesa, sembra che la mentalità che presiede il decreto non sia favorire gli investimenti quanto piuttosto una gara di ostacoli che non considera le condizioni obiettive nelle quali gli enti si trovano».
Secondo Emiliano, anche la riforma delle Zes «presenta numerose criticità. È indubbio – ha aggiunto – che possa portare dei vantaggi, tuttavia introduce una variante centralizzata che non ha punti di contatto e coordinamento con le politiche locali».
Sulle «tipologie di investimenti che possono essere promossi con l’Fsc [Fondo sociale per lo sviluppo e la coesione, n.d.r.]», infine, «non c’è mai stata alcuna distinzione tra interventi per investimenti e quelli per la spesa corrente, parlando di Infrastrutture non materiali che sono essenziali soprattutto per le regioni del sud che hanno problemi di bilancio ordinario molto pesanti. C’è quindi una violazione della legge 34 che definisce l’utilizzo dell’Fsc e, soprattutto, viene meno la funzione di complementarietà del Fsc rispetto ai fondi europei. Tutto questo ci fa dire che potrebbe essere probabilissima una impugnativa generalizzata da parte delle Regioni delle delibere Cipess in violazione della legge 34».