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Crisi di governo, Pagano (Pd): «Non c’è un’altra maggioranza»

«Di fronte a una economia in stagflazione, fare sistema non è solo una scelta di comodo ma l’unica che può tenere il Paese a galla. Altrimenti chi vincerà le elezioni gestirà macerie». Ubaldo Pagano, deputato del Partito Democratico, è tra i relatori del dl Aiuti che ha fatto tanto arrabbiare Giuseppe Conte e il Movimento…

«Di fronte a una economia in stagflazione, fare sistema non è solo una scelta di comodo ma l’unica che può tenere il Paese a galla. Altrimenti chi vincerà le elezioni gestirà macerie». Ubaldo Pagano, deputato del Partito Democratico, è tra i relatori del dl Aiuti che ha fatto tanto arrabbiare Giuseppe Conte e il Movimento Cinque Stelle. La scelta di non votarlo al Senato ha convinto Mario Draghi a rassegnare le dimissioni, poi respinte da Mattarella.

Onorevole, Letta ha dichiarato che è a rischio anche il “campo largo” progressista.

«Qui c’è un problema di serietà. Il Partito Democratico non può permettersi di fare due parti in commedia. Non possiamo fare come il centrodestra, con una parte della coalizione, Forza Italia e Lega, che provano a indirizzare le politiche di governo e Fratelli d’Italia, invece, che urla dall’opposizione».

Nessun governo Draghi bis?

«Non credo possa esserci un’altra maggioranza in Parlamento. Sarebbe un esecutivo che resterebbe in carica poco più di sei mesi, se consideriamo il voto in primavera e i 45 giorni di scioglimento delle Camere. Che senso avrebbe?».

Sarebbe un governo di scopo.

«L’unica strada era proseguire con questo, con un accordo che permettesse l’approvazione della legge di bilancio. In ballo ci sono i 28 miliardi della prossima rata del Pnrr che non otterremo senza il raggiungimento dei target previsti».

Si poteva tener fuori il reddito di cittadinanza dal dl Aiuti?

«Non vedo nel testo una limitazione allo strumento di sostegno sociale. Lo abbiamo difeso, sventando i tentativi, che pure ci sono stati, di depotenziarlo. Permettere ai datori di lavoro di comunicare il rifiuto di una offerta e di conteggiare quest’ultima, dopo le opportune verifiche, tra i “no” del lavoratore (ce ne possono essere due, oltre le quali si perde il diritto al contributo, ndr) non giustifica, a mio avviso, la rottura da parte del M5s».

E il Superbonus?

«Anche su questo punto abbiamo ottenuto tanto. Resta il problema dei crediti rimasti in pancia alle aziende e che le banche non vogliono. Prima o poi servirà una soluzione “di ultima istanza” ma anche per questo è importante che resti in carica il governo».

La questione, secondo loro, è più ampia. Chiedono più attenzione ai redditi bassi.

«Il problema dell’agenda sociale è reale e molti degli aspetti che sollevano fanno parte anche del nostro programma politico. Se dal 1990 il nostro è stato il Paese europeo che ha visto crescere meno i redditi ci sarà una ragione. Il salario minimo e il taglio del cuneo fiscale sono due battaglie che condividiamo. Il problema, però, è che bisogna fare i conti con le risorse».

Loro non lo fanno?

«Se per tagliare oggi le tasse sul lavoro aumentiamo il debito pubblico, stiamo scaricando sulle future generazioni i problemi. Questa non può essere una soluzione».

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