Consiglio regionale, Emiliano s’impone e il Pd si divide. Lega all’attacco

È una polveriera la maggioranza regionale dopo la seduta dedicata alla legge anti Cassano. Il governatore Emiliano impone ancora una volta la sua linea al Pd pagando il prezzo di una profonda spaccatura interna e di un clima incerto sul futuro della legislatura.

La minoranza dem, dal canto suo, è costretta a perdere per la seconda volta consecutiva la partita a scacchi sulla rimozione del manager di Arpal, Massimo Cassano, salvato ancora una volta in zona Cesarini nonostante la sua candidatura con Calenda e il passaggio annunciato con l’opposizione. Ma mal di pancia e malunori si moltiplicano nel gruppo Pd come ha dichiarato apertamente in aula il consigliere regionale Donato Metallo che non s’è adeguato al diktat di Emiliano unendosi alla fronda riottosa. A capo dei dissidenti Fabiano Amati, durissimo subito dopo la fine dei lavori. «Gran parte della maggioranza – sottolinea stizzito Amati – salva Cassano, forse per coprire tutte le coincidenze tra assunzioni all’Arpal, fede politica e parentele, e buca la legge sul fine vita. Due punti fondamentali, l’uno di buon andamento della pubblica amministrazione e l’altro sui tanto decantati diritti civili, peraltro propagandati nei programmi elettorali. Una combinazione di complicità, crudeltà, eversione e caos sono ormai gli ingredienti. Ma io farò di tutto per riportare il mio partito al governo delle cose serie e concrete, distaccandolo dai giochi di potere suggeriti dal Presidente Emiliano».

Musica per le orecchie dell’opposizione. «Sulla vicenda Arpal la maggioranza di sinistra sta mettendo in scena il festival della microfisica del potere – attacca il capogruppo della Lega Davide Bellomo (nella foto) riprendendo un passaggio dello stesso Amati – L’ennesimo rinvio della legge di riordino di Arpal dimostra che dalle parti di Emiliano regna il caos più totale. Noi, invece, siamo contrari ad una struttura simile e riteniamo che per qualsiasi ruolo apicale si debbano sempre prevedere requisiti di professionalità, onorabilità e autonomia. Siamo di fronte a una vicenda paradossale dove la politica mostra il suo volto peggiore tra dichiarazioni ufficiali e ufficiose, balletti di responsabilità, tra chi quel direttore generale lo ha votato, anche a dispetto dei curricula, e oggi vorrebbe mandarlo a casa, e chi non lo ha votato, facendosi scudo della segretezza del voto e oggi a parole vorrebbe sostituirlo. La verità è che la decadenza di Cassano, qualora fosse realmente questa la volontà della maggioranza, potrebbe essere fatta con una semplice mozione di sfiducia che elencasse le cose inenarrabili che oggi il Pd ha scoperto sull’uomo al quale ha affidato un ruolo apicale così delicato».

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