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Comunali, parla la presidente dei dem baresi Titti De Simone: «Mancato il confronto. Scontato il no del M5s»

«Vito Leccese è stato proposto per uscire dall’impasse prodotta da veti incrociati. Decaro giustamente ha l’onore e l’onere di fare una proposta, ma ci sono due limiti che non hanno nulla a che fare con la storia e le qualità indiscusse di Vito Leccese. Il percorso: le ragioni di questa scelta più che della continuità…

«Vito Leccese è stato proposto per uscire dall’impasse prodotta da veti incrociati. Decaro giustamente ha l’onore e l’onere di fare una proposta, ma ci sono due limiti che non hanno nulla a che fare con la storia e le qualità indiscusse di Vito Leccese. Il percorso: le ragioni di questa scelta più che della continuità appaiono di stretto rapporto fiduciario. È legittimo ci mancherebbe, ma è un limite nel rapporto con i 5 Stelle che avevano chiesto già settimane fa un segnale diverso. E il metodo sbagliato con cui si è arrivati alla scelta: non c’è stato un reale confronto interno, si è congelato tutto e invece la base chiede partecipazione reale, e lo abbiamo contestato con il voto di astensione». È chiara l’analisi di Titti De Simone, presidente del Pd di Bari, a seguito dell’indicazione di Vito Leccese come candidato sindaco per le comunali di Bari.

«Non c’è nulla di personale in quello che dico, anzi dobbiamo uscire tutti dai personalismi, perché questo sarebbe il vero passo avanti. Se il tema è la continuità con l’amministrazione Decaro, di cui Leccese sarebbe espressione, i nomi in campo c’erano anche dentro al PD e non penso solo ai due assessori. Con l’investitura di Boccia, la sensazione prevalente è che le posizioni siano più articolate di quello che appaiono, e si è visto anche nella discussione. Noi del resto, siamo una comunità plurale». E sulla capacità di unire le anime del centrosinistra De Simone aggiunge: «Leccese è persona seria e competente, che negli anni si è ritagliato un ruolo tecnico e non politico esterno al Pd, e ora dovrebbe su mandato del Pd unire e allargare il campo. Ma le prime battute non sono state felici e all’esterno è apparsa una investitura più per convincere Laforgia a fare retromarcia che per unire la coalizione, anche perché era scontato che i 5 Stelle non avrebbero condiviso».

Il nome di Michele Laforgia, già in campo da più di 6 mesi, ha raccolto fin da subito i consensi di molte forze dalla coalizione, anche civiche. «In molti fanno fatica a comprendere le ragioni di questa divisione e mancata unità – spiega De Simone – ma le persone vogliono l’unità delle opposizioni cosa non solo possibile ma necessaria. Allora pratichiamola tutti, anche a costo di fare qualche piccola rinuncia di primazia, per il bene comune. Qualche giorno fa, diversi dirigenti e fondatori del Pd in un documento chiedevano di capire le ragioni del no a Laforgia e perché non rappresentasse la giusta continuità con il buon governo di questi 10 anni. Nessuno ce lo ha spiegato nel Pd ma io e tanti altri, siamo abituati a ragionare di politica con la nostra testa. Laforgia, come ha ribadito anche il presidente Emiliano, è un pezzo della storia del centrosinistra barese. La sua lista civica Bari bene comune sta in maggioranza. Quindi quali sono le ragioni? Nessuna risposta».

Niente passi indietro sul nome del penalista. «Per quale motivo, dobbiamo fare tutti retromarcia su quella che è stata una delle questioni centrali della mozione politica di Schlein, e su cui ci siamo scontrati in un congresso un anno fa, ovvero la costruzione pervicace, paziente e programmatica, di un campo largo unito delle opposizioni antifasciste alle destre più reazionarie della storia repubblicana, che prevede una alleanza programmatica, politica e sociale con altre forze oltre che un’apertura netta alla società. Sbaglia Conte a tirare la corda nel rapporto con Schlein, ma è innegabile che nei territori, serva avviare un processo nuovo. In meno di 24 ore dalla scelta a maggioranza dell’assemblea del Pd stanno emergendo dei problemi che rischiano di rompere la coalizione. Forzature che rischiano di far saltare tutto. Sicuramente andare separati sarebbe incomprensibile. Le persone, i cittadini gli elettori, non vogliono questo. E noi più di loro siamo consapevoli che non è il momento storico in cui correre rischi con questa destra. Quindi si deve arrivare a una sintesi maggioritaria, a partire da chi oggi risulta più aggregante e riconoscibile. E se mai si dovesse ricorrere in extremis alle primarie, il PD deve lasciare libertà di votare, perché in campo ci sono due nomi civici, è evidente che un pezzo significativo dei nostri elettori voterebbe per Laforgia. Anche in caso di una divisione al primo turno che dobbiamo a tutti i costi evitare. Come confermato dai sondaggi, che vedono un chiaro consenso per Laforgia che sarebbe un errore enorme ignorare».

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