Che intenzioni ha davvero Antonio Decaro, sindaco uscente di Bari, dopo la fine del suo secondo mandato alla guida di Palazzo di città? Andare a Bruxelles o restare lì dov’è sulla poltrona di sindaco? L’interrogativo sta scuotendo il centrosinistra barese, ancora a caccia di un successore da candidare alle elezioni del prossimo 8 giugno: un profluvio di trattative cominciate prima dell’estate scorsa che dopo mesi di riunioni e incontri ha partorito il nulla o quasi.
A oggi, infatti, l’avvocato Michele Laforgia resta l’unico ufficialmente in campo per la sinistra dopo che in casa Pd si sono sfilati, strada facendo, il parlamentare Marco Lacarra, l’assessore allo Sport Pietro Petruzzelli e la delegata all’Istruzione Paola Romano. Il nome su cui dovrebbe convergere il partito democratico nell’assemblea convocata per oggi è quello di Vito Leccese, ex deputato dei Verdi e attuale capo di gabinetto del sindaco Decaro e in passato anche di Michele Emiliano: un “alter ego” del capo dell’Anci imposto quasi sbattendo i pugni sul tavolo e costringendo lo stesso governatore Emiliano ad accettarlo senza colpo ferire.
Perché tanta ostinazione su Leccese? I ben informati dicono che dietro il nome dell’alto funzionario si nasconde una raffinata strategia politica. Prima della chiusura del cerchio sul candidato sindaco di Bari, infatti, Decaro ha rimesso in moto il meccanismo del terzo mandato inviando ai parlamentari di tutti gli schieramenti una lettera-appello firmata in qualità di presidente dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani.
Una nota “a orologeria” considerando che lunedì prossimo approderà in Commissione Affari costituzionali, al Senato, un emendamento che estende la candidabilità dei sindaci oltre il doppio mandato. In dettaglio, si tratta di un decreto legge in attesa di conversione varato a gennaio, col quale sono stati elevati da due a tre i mandati per i sindaci dei Comuni tra 5mila e 15mila abitanti e abbattuto ogni limite per quelli sotto i 5mila, escludendo grossi comuni, città e capoluoghi. Perché – sostiene Decaro – i primi cittadini dei comuni più piccoli potranno svolgere più di due mandati consecutivi e quelli di grandi città e capoluoghi devono invece essere discriminati e di fatto costretti a rinunciare alla possibilità di un “terzo giro”? Un vulnus democratico, un’ingiustizia ai confini della discriminazione per i 736 sindaci ignorati dal decreto.
Il Governo s’è detto contrario, ma in Parlamento c’è chi ha attenzionato la questione e non è escluso che, alla fine, la norma volta a estendere il terzo mandato a tutti i sindaci sia effettivamente approvata. A quel punto per Decaro sarebbe un gioco da ragazzi far ritirare Leccese, lasciandolo al suo posto di capo di gabinetto, e riproporsi per la terza volta ai cittadini baresi. Una soluzione, forse l’unica, che costringerebbe l’avvocato Laforgia a un passo indietro lasciando campo libero a una figura di sindaco che, come da lui stesso affermato, ha fatto «un ottimo lavoro» nei dieci anni al vertice di Palazzo di città.