«Nessun problema di scandalo o illegalità», piuttosto «si è trattato di trasformismo politico, di voltagabbana». Nicola Colaianni, il nome che sembra essere punto di unione tra le due anime del centrosinistra, in vista delle comunali baresi, ha dato la sua disponibilità. E fa le sue considerazioni sull’attualità, riportando l’amministrazione comunale barese nell’alveo di un corretto operato.
Dunque, uno è meglio che due?
«È chiaro che se si comincia la campagna elettorale ancora con l’incertezza su un candidato o due candidati, si parte con un piede sbagliato, quindi bisogna necessariamente scegliere ed evitare (a prescindere dalle persone in ballo) di andare divisi, questa è una regola che il sistema bipolare prevede per tutti, destra o sinistra che siano. È un’esigenza del momento».
Quel nome però è il suo.
«Per adesso ho trovato la disponibilità dei due candidati a valutarlo. Ora devono essere gli organi collegiali, sia le forze che stanno dietro al candidato Laforgia sia quelle al candidato Leccese, a decidere. Per il momento ho registrato soltanto una buona disponibilità, la ‘volenterosità’ dei candidati».
Il fatto che sia stato anche magistrato di Cassazione può aver influito sulla scelta?
«Ho fatto anche quello: è chiaro che nel momento in cui il tema della legalità si è riproposto, naturalmente può aver influito. Ma ho fatto anche il deputato, il professore, nella mia vita ormai lunga ho fatto diverse cose, quindi anche il giornalista, l’editorialista, sono vari aspetti che possono essere stati considerati per risolvere un po’ questo dilemma e questo pericolo per il centrosinistra di andare diviso».
Certo che in un mese e mezzo se ne sono vissuti di scandali.
«Credo che bisogna intanto distinguere il Comune dalla Regione, perché abbiamo fatto un po’ un ‘melting pot’ delle due istituzioni. Per la Regione ci sono e ci sono stati problemi di composizione della Giunta a seguito di dimissione, questa cosa la metterei da parte».
Allora parliamo del Comune.
«Per il Comune i problemi grossi riguardano le municipalizzate, il controllo di società autonome, con propri consigli di amministrazione, ma partecipate o controllate al 100 per cento dal comune. Questo è un problema che non è stato risolto, non solo a Bari, anche se a Bari incide in maniera organica e ha portato alle cose che sappiamo. Però rimangono aziende municipalizzate».
Guardiano allora all’amministrazione.
«Se guardiamo all’amministrazione comune io non vedo nessun problema di scandalo o illegalità. In 10 anni di amministrazione Decaro ma anche nella precedente, non ricordo indagini penali, per esempio, su condotte di amministratori o su appalti».
Veniamo a oggi.
«Mi pare sia venuta fuori questa esperienza, ma sono episodi isolati e che non hanno prodotto alcuna influenza sull’operato dell’amministrazione. Anche l’ultimo, quello su Maria Carmen Lorusso (ndr, ai domiciliari per voto di scambio), intanto è avvenuto nel centrodestra, poi c’è stata la trasformazione solita, il passaggio nel centrosinistra, ma bisognerebbe dimostrare che questo fatto ha influenza sui singoli atti della Giunta, non è risultato assolutamente nulla».
Come vogliamo definirlo allora?
«Si tratta di un altro fenomeno, quello del trasformismo, dei voltagabbana, che sta avvenendo in Puglia forse in maniera più frequente che altrove».
Dunque non esiste un “caso Bari”?
«Come immagine dipende dalla comunicazione, dai media, è montato un caso Bari. Ma è montato per fatti che per me non attengono a cose effettivamente avvenute, se non enfatizzandole, nel momento in cui un aneddoto “gustoso” o “disgustoso” viene raccontato dal presidente Emiliano, davanti a una folla di persone. Si è montato il caso Bari, la mafia, e poi gli stessi protagonisti della storiella sono stati lì a dire “io non c’ero, no tu c’eri, non ti ricordi …”, è una cosa che non sappiamo in che termini sia avvenuta effettivamente».
Dunque?
«Certo a Bari ci sono queste stranezze che però non vedo legate al Comune. Credo che vada sottolineato soprattutto questo: se andiamo all’essenziale vediamo che non c’è nulla, a parte uno scambio di voti che non ha inciso sull’amministrazione».
Ed è giusto?
«Criticabile per quei politici coinvolti, ma attiene alla dialettica politico-elettorale. La volontà dell’organo locale, a giudicare dalle cronache, si è sempre formata come vuole la legge in base a una valutazione discrezionale del bene pubblico. Naturalmente sull’esercizio della discrezionalità ci possono essere valutazioni politiche diverse, ma non riguarda una volontà viziata nel modo in cui si è formata».
Torniamo a lei. Ha sentito Schlein o Conte?
«Solo Vendola, è stato lui che mi ha contattato. E penso che sia la decisione giusta, perché c’è un altro difetto in questi giorni, cioè il fatto di collocare la questione Bari in un quadro nazionale. È pericoloso perché significa che la scelta del candidato viene fatta non in assoluto, guardando la situazione barese, ma in relativo, in base ad equilibri con altre regioni, altri comuni dove si andrà a votare o dove si è già votato».
Cosa comporta?
«Se c’è uno schema di campo largo in una regione, magari in un altro comune si può fare uno schema dialettico di Cinque stelle contro Pd, o altro. Per quanto mi riguarda in questi due giorni ho parlato solo con attori locali, solo con Vendola e i due candidati».
S’immagini già sindaco. Cosa farebbe per la legalità?
«La legalità è una pre-condizione di ogni svolgimento della questione pubblica. Lo dettano gli articoli articolo 53 e 97 della costituzione, che tracciano la linea per ogni pubblico ufficiale che deve improntare la sua azione su imparzialità e buon andamento. E l’imparzialità è dovere di legalità. Se noi perdiamo questi due articoli, pensiamo che siano solo cose scritte e basta, allora sbagliamo, la bussola di ogni pubblico ufficiale è quella. Il sindaco viene eletto da una maggioranza ma poi diventa il sindaco di tutti, ed è di tutti perché è un pubblico ufficiale come gli altri, ed è vincolato alla legalità».