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Caso Clemente, lo strappo si allarga. Consiglio regionale a rischio paralisi

Si rischia la paralisi a tempo indeterminato del Consiglio regionale all’indomani della seduta rinviata dopo la bagarre fuori e dentro l’aula fra il governatore Michele Emiliano e il gruppo di Azione, che ha coinvolto anche l’opposizione del centrodestra. Una guerra di tutti contro tutti scoppiata su una questione apparentemente secondaria, la sostituzione del segretario d’aula,…

Si rischia la paralisi a tempo indeterminato del Consiglio regionale all’indomani della seduta rinviata dopo la bagarre fuori e dentro l’aula fra il governatore Michele Emiliano e il gruppo di Azione, che ha coinvolto anche l’opposizione del centrodestra. Una guerra di tutti contro tutti scoppiata su una questione apparentemente secondaria, la sostituzione del segretario d’aula, uno dei cinque posti dell’ufficio di presidenza, occupato da Sergio Clemente, consigliere regionale di Azione passato in minoranza, ma rimasto sulla seggiola riservata per statuto alla maggioranza.

Mercoledì Emiliano è intervenuto personalmente a risolvere la questione, in modo irrituale in aula, con un discorso di 18 minuti per ristabilire l’equilibrio nella rappresentanza dell’ufficio di presidenza nel rispetto dello statuto. Il presidente ha chiesto a Clemente, assente alla seduta, di dimettersi e ai colleghi consiglieri di Azione – i consiglieri Fabiano Amati, Ruggero Mennea e Massimiliano Stellato – un gesto di coerenza rispetto all’annuncio di voler passare in minoranza, a partire dalla richiesta di abbandonare l’emiciclo occupato dalla maggioranza. «Se non si risolverà l’equivoco – ha annunciato Emiliano – non metterò più piede in quest’aula e nemmeno la mia maggioranza». Poi ha sgridato il centrodestra che non ha appoggiato la battaglia sul segretario d’aula e ha aggiunto che il centrosinistra voterà un proprio rappresentante per sostituire l’ex consigliere regionale di Fi Gatta, eletto in Parlamento appropriandosi del posto delle opposizioni, anche qui garantito per statuto. In questo clima surriscaldato ieri s’è riunita la conferenza dei capigruppo, ma alla riunione non hanno partecipato i rappresentanti del centrodestra.

La presidente Loredana Capone ha atteso oltre un’ora prima di cominciare l’incontro per favorire l’arrivo dei capigruppo del centrodestra, poi ha tentato la carta della mediazione spendendosi in prima persona, ma senza successo. Per tutta risposta il centrodestra l’ha messa nel mirino. «La conferenza dei capigruppo – hanno dichiarato Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e La Puglia domani – dovrebbe dettare tempi e argomenti e il presidente del Consiglio dovrebbe essere il garante di quelle decisioni prese in modo democratico e rispettando le regole. In Puglia non è più così: l’agibilità democratica e l’azione politica di ogni consigliere regionale vengono svilite e offese nella dignità ormai da tempo per colpa di una presidente del Consiglio che, in primis o diretta da qualcun altro, ha svuotato di senso la riunione dei capigruppo. Per questo il centrodestra ha deciso di non partecipare a quella convocata per oggi». Uno strappo conclamato, insomma, con la maggioranza che ha deciso di andare avanti per la sua strada.

Pd, Cinque Stelle e Civici hanno confermato la convocazione per il 28 febbraio con l’esame dei punti saltati nell’ultima seduta e il centrosinistra che si candida ad approvare senza discussione gli argomenti creando un precedente poco edificante sul piano istituzionale. Quanto ad Azione, invece, il conigliere Clemente pare non sia disposto a dimettersi né ci sono segnali di apertura dai suoi colleghi che potrebbero fare un passo indietro favorendo quei temi di merito rivendicati dal consigliere Amati. E invece i calendiani restano fermi sulle interpretazioni giuridiche e sul sospetto che Emiliano abbia promesso il posto di Clemente a un rappresentante del gruppo Con. «Noi siamo all’opposizione di Emiliano – ribadisce Azione – e gli incarichi istituzionali assunti a inizio legislatura sono per statuto immodificabili, salvo gravi motivi d’indegnità nell’esercizio della funzione, e non c’entrano nulla con il posizionamento politico in maggioranza o all’opposizione».

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