L’Italia, in particolare il Mezzogiorno, non può permettersi uno stop di sei mesi o addirittura di un anno nel percorso di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ne è convinta Mara Carfagna, ministra per il Sud e la Coesione territoriale, candidata di Azione-Italia viva alla Camera come capolista in tutti i collegi plurinominali della Puglia.
Ministra, si parla di revisione del Pnrr alla luce dell’emergenza energetica: è d’accordo?
«Assolutamente no. Aprire una rinegoziazione con l’Europa significherebbe fermare i programmi del Piano per almeno sei mesi o addirittura un anno. Il rischio è quello di buttar via quasi due anni di lavoro, compreso quello degli enti locali per produrre progetti e partecipare ai bandi. E poi mi chiedo: quali capitoli dovrebbe toccare questa revisione? La Quota Sud del 40 per cento sarebbe rispettata? Finora non ci sono state risposte chiare nemmeno da chi, come la destra, ha messo la rinegoziazione nel suo programma».
Sulla riserva del 40% dei fondi del Pnrr lei è stata chiara. Crede che le forze politiche di centrodestra siano state ambigue su questo punto?
«Non è questione di credere o non credere. Purtroppo l’ambiguità è nei fatti. Nessuno dei due principali leader della coalizione, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, ha voluto rispondere con chiarezza sulla salvaguardia della Quota Sud. Salvini ha mandato avanti un gruppetto di suoi parlamentari per promettere il rispetto degli accordi, ma personalmente ha evitato di prendere posizione. Conosco bene la politica: quando i leader si comportano così, significa che vogliono tenersi le mani libere perché hanno altri progetti».
Intanto il sindaco di Bari, Antonio Decaro, dice che i soldi del Pnrr assegnati ai Comuni non vanno toccati e che, in caso contrario, i sindaci faranno la rivoluzione: come commenta?
«Capisco la preoccupazione e anche l’indignazione: i sindaci hanno lavorato con tutte le loro forze per acquisire competenze, partecipare ai bandi, aggiudicarsi fondi. Qualcuno ha già aperto cantieri. Qualcuno ha già mostrato ai cittadini i progetti per le nuove scuole, asili, presidi sanitari. Buttare quel lavoro o anche solo rallentarlo sarebbe folle soprattutto al Sud, dove gli investimenti del Pnrr non rappresentano solo interventi “materiali” ma anche una grande speranza di riduzione dei divari».
La crisi rischia di affossare la ripresa al Sud: che cosa serve per evitare che ciò accada?
«Sarebbe servito lasciare Mario Draghi al suo posto fino alla fine della legislatura: non solo la sua reputazione ci avrebbe aiutato in Europa, ma un governo di salvezza nazionale come l’attuale avrebbe potuto lavorare con più rapidità ed efficacia in Italia. La proposta di Azione–Italia viva è continuare con la sua agenda, con il suo metodo e possibilmente con lui stesso alla guida del prossimo esecutivo».
Qualcuno ipotizza di attingere alle risorse del Pnrr per contrastare l’emergenza energetica: possibile? In alternativa, come va affrontata questa drammatica situazione?
«Le risorse del Pnrr non sono un bancomat a cui attingere nelle emergenze. L’Europa ha fatto debito comune per finanziare la modernizzazione e l’efficientamento anche energetico dei Paesi più indietro, tra cui l’Italia. I progetti sono stati presentati e approvati, quei soldi non possono essere spostati altrove. La soluzione alla crisi energetica va trovata in quattro direzioni: il tetto europeo al prezzo del gas, lo “sganciamento” dal gas del prezzo dell’energia rinnovabile, il sostegno italiano alle aziende e alle famiglie, l’attivazione del rigassificatore di Piombino e un piano lungimirante per moltiplicare questo tipo di infrastrutture, termovalorizzatori compresi».
Lei è capolista del Terzo Polo in Puglia. Quali sono gli obiettivi elettorali di Azione e Italia viva in regione, al Sud e in Italia?
«Non mi piace fare previsioni, ma sono contenta dell’ottimo andamento dei sondaggi. In poche settimane abbiamo quasi raddoppiato le percentuali e sono convinta che il meglio debba ancora venire: saremo la grande novità di questo voto, politicamente e numericamente».