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Bari, Sud al Centro torna in campo: «Nessuna sfida ai magistrati»

«Non è detto che il movimento si chiami ancora Sud al Centro, è un aspetto che sarà vagliato nel corso di una riunione ad hoc». A specificarlo è il consigliere metropolitano Vito Antonio Labianca, eletto nella lista “Città insieme”, che giovedì durante la prima riunione di insediamento dell’assise metropolitana è intervenuto preannunciando il ritorno del…
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«Non è detto che il movimento si chiami ancora Sud al Centro, è un aspetto che sarà vagliato nel corso di una riunione ad hoc». A specificarlo è il consigliere metropolitano Vito Antonio Labianca, eletto nella lista “Città insieme”, che giovedì durante la prima riunione di insediamento dell’assise metropolitana è intervenuto preannunciando il ritorno del movimento, dopo lo scioglimento dello scorso aprile. Una scelta basata innanzi tutto sulla condivisione di valori, prima che del nome. «Tutti i consiglieri e gli amministratori che negli anni passati hanno dato vita alla nascita del movimento civico Sud al Centro e che hanno contribuito alla sua affermazione in Terra di Bari, daranno nuovamente vita al Movimento in cui – ha sottolineato Labianca – noi e molti di noi si riconoscono».

Il futuro

Quello che è certo, fa sapere sempre Labianca, è che «Sandro Cataldo sarà fuori dalla nuova formazione». L’annuncio in consiglio metropolitano, contrariamente a quanto ipotizzato da alcuni, è dunque per il consigliere la «ripresa di un percorso politico condiviso con tanti amici su tutto il territorio provinciale – aggiunge ancora Vito Antonio Labianca – Il nostro impegno non è in alcun modo una sfida nei confronti della magistratura, per la quale nutriamo massimo rispetto». Tra i punti sollevati durante il Consiglio di giovedì mattina, Labianca ha anche risposto alle polemiche sulla sua candidatura sorte all’indomani delle elezioni di secondo livello e alle accuse di trasformismo.

«La politica, così come la vita, è dinamica. Le idee e le visioni che ci guidavano ieri, pur valide e sincere, devono sapersi confrontare con un mondo che cambia. Se oggi abbracciamo nuove prospettive, se scegliamo strade diverse rispetto al passato, non lo facciamo per opportunismo o per convenienza, ma per servire meglio il bene comune. Le accuse di trasformismo sono spesso il rifugio di chi ha paura del cambiamento. Chi ci accusa di tradire le nostre radici lo fa perché è ancorato al passato, perché non vuole o non sa confrontarsi con le sfide di un mondo complesso e mutevole. Ma restare fermi non è un segno di coerenza, è un segno di cecità».

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