Bari, Laforgia non difenderà Pisicchio: «No a speculazioni su presunte interferenze tra lavoro e impegno politico»

Michele Laforgia rinuncia al mandato difensivo in favore di Alfonso Pisicchio. Lo comunica il penalista barese in una nota.

Si tratta, spiega Laforgia, di una decisione presa «allo scopo di evitare, anche a tutela dell’indagato, qualsiasi ulteriore speculazione sulla presunta, e inesistente, interferenza fra la mia attività professionale, il mio impegno politico e la mia candidatura a sindaco per la città di Bari».

Laforgia precisa «che, ovviamente, non sapevo e non potevo sapere nulla dell’ordinanza custodiale applicata anche nei confronti di Alfonso Pisicchio, dal quale ero stato nominato difensore a seguito di una perquisizione eseguita nel lontano luglio 2020. Com’è noto – prosegue -, la legge non consente ai difensori di accedere a notizie coperte dal segreto istruttorio e men che meno di venire a conoscenza, in anticipo, della adozione e della imminente esecuzione di una misura cautelare. Quello che sapevo, e che era noto a tutti, compresi naturalmente gli indagati, gli organi istituzionali e l’opinione pubblica – sottolinea -, è che potevano esservi nuovi arresti. Avendone riferito, in modo più o meno dettagliato, gli organi di informazione, e che vi era da quasi quattro anni un procedimento pendente per gravi reati a carico di Pisicchio e altre persone».

L’avvocato Laforgia ribadisce «che il diritto di difesa è garantito dalla Costituzione e non può essere confuso con la connivenza con il delitto e con chi delinque. Nella mia lunga vita professionale – afferma – ho difeso indagati e imputati, presunti innocenti sino a sentenza definitiva, non i reati dei quali erano accusati e che possono essere loro attribuiti solo al termine di un regolare processo. Proprio per questo – conclude Laforgia -, l’impegno civile e politico non è e non può essere ritenuto in contrasto con l’esercizio della professione di avvocato, che è espressione del principio di legalità: chi sostiene o insinua il contrario ignora le regole fondamentali dello Stato di diritto o è in malafede».

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