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Autonomia differenziata, Emiliano in audizione al Senato: «Ci preoccupa» – VIDEO

«L’autonomia differenziata ci preoccupa perché non ci consente di prevedere con chiarezza gli impatti della riforma: è questo il problema politico che il legislatore dovrebbe porsi. E al legislatore io chiedo di non varare una riforma di questa portata se i suoi impatti sulla capacità di governo del paese non sono chiari». Così il presidente…

«L’autonomia differenziata ci preoccupa perché non ci consente di prevedere con chiarezza gli impatti della riforma: è questo il problema politico che il legislatore dovrebbe porsi. E al legislatore io chiedo di non varare una riforma di questa portata se i suoi impatti sulla capacità di governo del paese non sono chiari». Così il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, intervenuto oggi in audizione alla Commissione Affari costituzionali del Senato nell’ambito dell’esame dei disegni di legge in materia di autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario.

Un altro aspetto da valutare, ha sottolineato il presidente della Regione Puglia, «è che il Ddl che deve dare esecuzione all’articolo 116 della Costituzione, deve essere costituzionale. L’articolo 116 non consente al Parlamento di fare quello che vuole con legge ordinaria; bisogna rispettare tutto il resto della Costituzione, nella forma e nella sostanza».

In apertura del suo intervento, Emiliano ha ricordato che «la rincorsa del Mezzogiorno a colmare il divario con il nord è attualmente in corso. La Puglia sta percorrendo questa strada faticosamente, ma con successo: è una strada iniziata anni fa, ma che adesso ci vede ai primi posti in quasi tutti i settori e soprattutto con i numeri a posto, dalla sanità alla capacità di spesa dei fondi europei e dell’Fsc».

Emiliano ha sottolineato che «non abbiamo nulla contro l’aumento dei poteri regionali; siamo convinti, anzi, che un modello di governo di prossimità possa funzionare meglio di un modello accentrato, e proprio su questo stiamo anche discutendo con il ministro Fitto che invece, nel quadro della coesione, sta facendo esattamente il contrario, pur essendo nello stesso governo di Calderoli».

Questo modello, però, ha aggiunto, «deve realizzare innanzitutto un meccanismo di maggiore eguaglianza, altrimenti diventa rischioso per la tenuta del paese. Dobbiamo avere la certezza che le regioni meno progredite possano trarne profitto. In questo senso, crediamo che la definizione e l’effettivo finanziamento dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) sia un elemento di grande importanza politica e costituzionale. In questi giorni, autorevoli costituzionalisti hanno ribadito che nell’ipotesi in cui i Lep non realizzassero un’effettiva parità di condizioni, tutto il sistema di autonomia differenziata non reggerebbe».

E ancora: «Un altro aspetto che voglio evidenziare – ha proseguito Emiliano – è che questa riforma non può tracimare in una repubblica federale. Infatti, i poteri di cui le regioni rischiano di disporre a richiesta sono enormi. Se da un lato l’autonomia delle regioni è straordinaria perché ha assicurato il progresso generale del paese, dall’altro lato questo regionalismo non può estendere le sue competenze fino a trasformare l’Italia in uno Stato federale. La primazia dello Stato deve essere assicurata nella forma e nella sostanza, ma con questa riforma voi state realizzando uno Stato federale anche più rigido di quelli esistenti in Europa».

Rispondendo al senatore Roberto Cataldi del Movimento 5 Stelle, che chiedeva di indicare i possibili impatti della riforma sul territorio pugliese, il presidente Emiliano ha risposto che «la Regione Puglia rischierebbe di perdere capacità di attrazione nei confronti di grandi realtà produttive nazionali e internazionali che vogliono insediarsi in quest’area. La riforma potrebbe produrre una competizione normativa tra regioni, generando un differenziale competitivo anomalo, paragonabile in tutto e per tutto a una concorrenza sleale».

Alla domanda del senatore Francesco Boccia del Partito democratico, che invitava Emiliano a illustrare le implicazioni del passaggio dai Livelli Essenziali di Assistenza ai Livelli Essenziali delle Prestazioni per la Puglia, il presidente Emiliano ha risposto che «a parità di abitanti, ad esempio, tra Puglia ed Emilia Romagna e con le stesse esigenze sanitarie, noi abbiamo la metà degli ospedali, 27 mila dipendenti in meno, un terzo delle RSA e 400 milioni in meno dal fondo sanitario nazionale, ma dobbiamo garantire gli stessi LEA. È come giocare una partita in sette contro undici. Se i Lep fossero fatti per bene, alla Puglia potrebbero arrivare grandi risorse. Il problema è che queste risorse sarebbero tolte ad altri. Per questo, un meccanismo di riequilibrio delle diseguaglianze sarebbe fondamentale: non possiamo rassegnarci all’idea di una competizione di tutti contro tutti. E lo dico da presidente di una Regione che sino a pochi anni fa era tra le ultime d’Italia per performance socio-economiche, e che adesso, per usare una metafora ciclistica, si trova nel gruppo di testa e se avesse più risorse potrebbe fare ancora di più».

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