«Un coordinamento tra le Regioni del Sud per contrastare l’autonomia differenziata? È un’iniziativa sulla quale Michele Emiliano fa bene a puntare»: il filosofo barese Beppe Vacca, deputato del Partito comunista dal 1983 e 1992, promuove la proposta lanciata dal governatore pugliese durante il dibattito organizzato a Capri dai Giovani Industriali.
Emiliano e De Luca si propongono alla testa di una sorta di lega del Sud: basterà per arginare l’autonomia differenziata sostenuta dal governo Meloni?
«Non è una lega del Sud, ma l’idea di razionalizzare l’articolazione territoriale della nazione. Se le Regioni del Sud condividessero determinati obiettivi, anche con riferimento alle risorse, ridurrebbero la crescente divaricazione di condizioni e di status col resto del Paese».
Serve un’alleanza, dunque, per scongiurare l’autonomia differenziata?
«Certo. Una simile alleanza è sacrosanta. E l’autonomia differenziata si contrasta con le alleanze perché è questione di rapporti di forza. La formula, d’altra parte, fa parte della filosofia della Lega secondo la quale la nazione italiana non esiste. E la Lega scaturisce da un’aggregazione di interessi che coinvolge Lombardia, Veneto, “pezzi” di Piemonte e di Emilia-Romagna e per la quale il problema dell’Italia non è quello di ridurre il dualismo tra Nord e Sud, ma evitare che la parte dinamica del Paese venga frenata da quella più arretrata. In questo contesto le alleanze servono a riequilibrare i rapporti di forza, avere una maggiore forza negoziale, ottenere più risorse, sfruttare al meglio asset strategici come il turismo e magari spendere i fondi europei in modo più rapido ed efficace».
Ci sono le condizioni perché il progetto di Emiliano vada in porto?
«La difficoltà maggiore è la mancanza di un soggetto operante che possa aiutare i governatori, qualora questi riuscissero a mettersi d’accordo. E questo soggetto non può che essere il sistema dei partiti che noi non abbiamo più. In altre parole, il progetto di Emiliano è valido e va sostenuto, ma presuppone una ricostruzione del rapporto tra centro e periferia che è stato già abbondantemente eroso».
Da chi?
«Con la riforma del titolo V della Costituzione, l’Italia si è inflitta un tale caos e una tale frammentazione che l’hanno resa ingovernabile dal centro. Non si è trattato di un semplice errore, ma di autentica follia. La riforma del titolo V ha dato il colpo di grazia a ciò che restava della nozione di nazione in Italia».
Emiliano ha ipotizzato un asse con De Luca: questa alleanza a trazione pugliese-campana può funzionare?
«L’asse con De Luca è auspicabile. Più si collabora e meno si risente degli effetti di politiche come l’autonomia differenziata. Basterebbe rileggere don Sturzo, uno dei più grandi meridionalisti di sempre, per capire che il Sud non può interagire con l’Europa e col resto del mondo allo stesso modo di Milano. Bisognerebbe recuperare quella lezione e agire di conseguenza».
La “santa alleanza” tra Emiliano e De Luca potrebbe proiettare uno dei due alla guida del Pd, in vista del congresso?
«Non ho idea di ciò che potrà succedere al congresso. Anche perché, di fatto, il Pd non tiene un congresso dall’epoca del primo, quello costitutivo, caratterizzato da un ottimismo da partito comunista latino-americano. Mi auguro che il congresso del Pd sia utile, soprattutto a risolvere il problema di una leadership che manca pure per colpa di una legge elettorale che non favorisce la competizione o il ricambio dei ruoli apicali».
Emiliano può aspirare alla segreteria?
«Ha tutte le carte in regola, ma ciò che conta è la cultura politica della classe dirigente. E, in questo senso, dal congresso non mi aspetto miracoli».