Alla Camera dei deputati è scontro sull’autonomia differenziata tra maggioranza e opposizioni che contestano la regolarità dell’esame in Commissione e si appellano al presidente Lorenzo Fontana che si è solennemente impegnato a «garantire l’onore della Camera» nell’esame delle grandi riforme, non solo l’Autonomia ma anche il premierato, evitando che Montecitorio debba accettare a scatola chiusa i testi che arrivano da Palazzo Madama.
La discussione generale sull’autonomia differenziata – le cui votazioni inizieranno la prossima settimana – si è aperta con le opposizioni subito all’attacco. Il Pd con Simona Bonafè, M5s con Alfonso Colucci, Avs con Filiberto Zaratti e Iv con Roberto Giachetti, hanno messo in discussione la legittimità dell’esame del ddl Calderoli in Commissione Affari costituzionali, a cominciare dalla ripetizione di un voto su un emendamento.
La vicepresidente Anna Ascani, che in mattinata guidava la seduta, ha riferito che Fontana ha scritto una lettera a tutti i presidenti di Commissione, dando indicazioni precise e raccomandando «massimo rigore procedurale e fattuale» nelle situazioni confuse, specie nelle votazioni, come quelle registrate in Commissione in occasione della ripetizione del voto su un emendamento.
Ma c’è un altro elemento sollevato dal vicecapogruppo del Pd, Federico Fornaro, che si è rivolto direttamente a Fontana. In base all’accordo politico interno alla maggioranza, il ddl Calderoli uscito dal Senato non potrà essere modificato dalla Camera: «La Camera è trattata come una buca delle lettere», violando il bicameralismo paritario della Costituzione; e ciò è prevedibile che avvenga anche per il premierato, ha aggiunto Fornaro.
Con brevi e sobrie parole Fontana, che ha presieduto i lavori del pomeriggio, ha risposto al parlamentare dem: «Da parte mia ci sarà il massimo impegno mantenere alto l’onore della Camera. Mi darà atto che è stato fatto in passato, come sarà fatto in futuro». Parole distensive che però non sono bastate, poco dopo, a evitare un nuovo e più acceso scontro in Aula.
Le nuove proteste delle opposizioni, infatti, si sono rinnovate nel corso dell’intervento di Simona Bordonali della Lega che, dal suo scranno, ha mostrato sotto la giacca una maglietta verde con la scritta “Il vento del Nord“. Fontana ha ripreso Bordonali pregandola «cortesemente di abbottonare la giacca».
«Non è possibile esporre riferimenti politici, per evitare polemiche le chiedo di chiudere la giacca». Bordonali ha replicato ai colleghi delle opposizioni: «Il vento del nord dà fastidio». Le opposizioni le hanno risposto sventolando il Tricolore, «l’unico simbolo che può e ha diritto di essere presente in questa aula», ha scandito a muso duro la capogruppo dem Chiara Braga.
Quanto al merito, il provvedimento è stato difeso dai diversi esponenti della Lega intervenuti: da Alberto Stefani, che è anche relatore, al capogruppo Riccardo Molinari, sino a Igor Iezzi, che ha ricordato il pantheon leghista, da Umberto Bossi a Bobo Maroni a Matteo Salvini, tutti impegnati nella realizzazione del federalismo. Anche Fdi, con Elisabetta Gardini, ha sostenuto la bontà della legge.
Un provvedimento apprezzato anche da Fi che con Alessandro Battilocchio ha creato un breve brivido nella maggioranza: «Qualche limatura – ha infatti detto – era ancora possibile» ma ha subito chiarito che Fi non presenterà emendamenti ma al più ordini del giorno, che non cambiano il testo.
Dalle opposizioni è arrivata una bocciatura senza appelli, con interventi o più argomentati, come quelli di Mara Carfagna ed Elena Bonetti di Azione o di Ubaldo Pagano del Pd, o più passionali come quello di Marco Sarracino del Pd o di Daniela Morfino di M5s («Questo Governo sta frantumando la nostra Costituzione e la Nazione e così addio alla storia del Risorgimento italiano e addio alla propria unità nazionale sotto un’unica bandiera»).
Tutti con la stessa accusa: il testo non farà che «cristallizzare» – come ha detto Carfagna – le attuali divari territoriali e sociali.